martedì, 5 Novembre 2024
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Le chiavi di san Pietro … a Palermo

Un importante simbolo religioso dal quale la tradizione palermitana ha ricavato delizie per il palato

Nelle feste tradizionali siciliane dedicate ai santi compare sempre un dolce o un pane dedicato al santo che si sta celebrando. Così come esistono i pani votivi dedicati a san Biagio, santa Lucia, san Giuseppe, la tradizione non poteva farsi mancare qualcosa che onorasse la memoria di san Pietro, e niente di meglio che un dolce.

In molti dipinti san Pietro è raffigurato con le chiavi del regno dei cieli, e questa consuetudine nasce dal Vangelo di Matteo, quando l’apostolo viene designato come custode di quello che comunemente chiamiamo paradiso.

Per tutt’altra ragione, a Palermo, le chiavi di san Pietro hanno fatto sognare grandi e piccini un giorno all’anno. Non si conosce l’epoca di origine di questo dolce, probabilmente legata al Borgo san Pietro, un antico quartiere di pescatori di Palermo che si trovava vicino il Castello a mare, e che per il 29 giugno organizzava la festa patronale nella sua chiesa, chiamata san Pietro la Bagnara, demolita nel 1834.

Nasce con l’ingrediente più semplice, la farina di frumento, combinata col miele. Poi tante varianti: farina di mandorle, un po’ di pan di spagna, e poi le farciture, soprattutto di conserva di cedro. Così ogni tasca aveva il dolce adatto alle sue possibilità, dal biscotto semplice alla chiave lunga un metro abbondantemente decorata e farcita.

Il biscotto al bambino, la chiave farcita agli adulti. E qui va ricordata una tradizione nella tradizione: chissà quando, attraverso un gioco di relazioni e significati, la chiave diventa un dono obbligato tra innamorati.

Il fidanzato deve regalare la chiave di san Pietro alla fidanzata come simbolo d’amore, la chiave giusta per aprire il suo cuore. Allora non una qualsiasi, ma bella a vedersi e magari appositamente commissionata per l’occasione, così da avere una chiave unica diversa da ogni altra.

Una via di mezzo tra la versione povera e quella che una volta era esclusiva dei benestanti è quella del biscotto glassato, spesso con lo zucchero colorato a formare il tricolore e l’aggiunta di anasini, i tipici zuccherini all’anice.

Nel tempo sono subentrati altri ingredienti, come pasta frolla o strati di pan di spagna, persino con panna e fragole, o farciture di cacao, glasse aromatizzate e gocce di cioccolato, codette di zucchero, gli immancabili canditi e la frutta secca in granella.

Qual è la chiave della tradizione? Pasta di mandorle farcita con conserva di cedro e spennellata di fondente di zucchero, un dono prelibato che non doveva mancare nemmeno a una felice coppia sposata, rinnovando così di anno in anno la promessa d’amore.

Fonte dell’immagine: www.dolcisiciliani.net

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