lunedì, 29 Aprile 2024
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All’Oratorio dei Bianchi un cantiere aperto per raccontare il restauro degli 8 arazzi fiamminghi di Marsala

Inaugurata stamani la nuova "versione" del cantiere aperto all'Oratorio dei Bianchi: gli 8 arazzi, 2 alla volta, dal 17 luglio, e per ogni venerdì, dalle 9 alle 13 potranno essere ammirati dai visitatori che scopriranno i lavori di restauro con le maestranze

Sono 8 gli arazzi fiamminghi che, a due alla volta, si potranno ammirare all’Oratorio dei Bianchi di Palermo con una particolarità, ovvero, non saranno esposti, bensì si troveranno su delle tavole sotto l’attenta cura dei maestri restauratori che permetteranno di poter visionare questo lavoro, che è ripartito dopo il lockdown e che ora è work in progress.

Questi arazzi, che compongono la collezione di Marsala, rappresentano un raro e pregevole esempio di arte tessile e pittorica europea del XVI secolo, nel lontano 1589 furono lasciati al patrimonio della chiesa Madre di Marsala per testamento del Monsignor Antonio Lombardo che, a sua volta, li aveva ricevuti in dono da Maria I Tudor. Una leggenda, a tal proposito, narra che, durante una tempesta, la Regina d’Inghilterra fu ospitata proprio da Mons. Lombardo che divenne poi suo confessore e consigliere, e come gesto di gratitudine gli lasciò poi questa preziosa collezione. Il Monsignore, alla sua morte, dispose che fossero poi lasciati alla chiesa Madre di Marsala, con l’obbligo di non essere mai dispersi nè spostati in altri luoghi.

Gli arazzi

Trattasi della collezione più pregiata in Italia dopo quella conservata al museo di Capodimonte a Napoli. Le dimensioni degli 8 arazzi sono in media dai 350 cm. ai 500 cm. di larghezza x 400 cm. di altezza, e raccontano la guerra tra Romani e Giudei (66 d.C.) e gli episodi raffigurati sono per lo più basati su costumi, riferimenti ed oggetti che non su aspetti della cultura ebraica e romana. Ogni arazzo accoglie in sè più scene, spesso ve ne sono due in primo piano ed altre sullo sfondo. Solo nel 1965 furono fatti i primi interventi di restauro, da parte della Regione, per quelli che versavano in stato più critico, e intorno agli anni ’80 furono posizionati in un piccolo museo ricavato al confine con l’abside della chiesa Madre, dove furono per lunghi anni esposti.

Il progetto

Il progetto in corso, oltre al restauro di queste opere d’arte, prevede il recupero e l’adeguamento funzionale della Chiesa del Collegio di Marsala da trasformare in Museo degli Arazzi e del patrimonio tessile della Chiesa Madre. La Chiesa del Collegio dei Gesuiti dista poche centinaia di metri dall’attuale luogo di esposizione e dipende dalla Chiesa Madre, così verrebbe rispettata la volontà testamentaria di Mons. Lombardo. I locali, inoltre, saranno dotati di impianti di stabilizzazione della temperatura e dell’umidità per meglio conservare le fibre, e saranno accessibili anche a persone con disabilità. Nella sala espositiva, oltre gli 8 arazzi, saranno conservati i 10 paramenti sacri, anch’essi sottoposti a restauro.

Il progetto, infine, è promosso dalla Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Trapani, inizialmente inserito negli interventi dell’Asse 3 – Valorizzazione delle identità culturali e delle risorse paesaggistico ambientali per l’attrattiva turistica e lo sviluppo Obiettivo Operativo 3.1.1 del PO-FERS 2014/2020, trovando poi copertura coi fondi del Patto per il Sud. Il costo complessivo per il restauro degli 8 arazzi e dei 10 paramenti sacri è di 110.000 euro.

Il cantiere aperto

E andiamo ad oggi, e ci spostiamo all’Oratorio dei Bianchi di Palermo dove è stato presentato stamani il cantiere aperto, “aperto” poichè, da venerdì 17 luglio, i visitatori potranno ammirare gli arazzi durante il restauro, e saranno inoltre messi a disposizione loro pannelli didattici e postazioni multimediali. Gli orari di visita saranno dalle 9 alle 13, ogni venerdì, tramite prenotazione con la App Youline.

“Questi arazzi – commenta l’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà – raccontano una storia antica, la battaglia tra romani ed ebrei, con la forte impronta della scuola fiamminga. Restauriamo quindi questi arazzi, e i visitatori, ogni venerdì, dal vivo, potranno assistere alle operazioni di restauro. Il progetto dell’architetto Luigi Biondo, con questo cantiere aperto, è importante perchè vogliamo recuperare questi arazzi, di cui se ne potranno vedere due alla volta. Gli arazzi parlano della Sicilia, una regione cosmopolita e crogiolo di culture, di religioni, di identità che si stratificano e che determinano il nostro odierno codice genetico plurale, con le sue molteplici influenze. Ed oggi – conclude l’Assessore Samonà – presentiamo questi arazzi con questo progetto e con le maestranze che ci riconciliano con quella che è l’arte del restauro. Così recuperiamo anche la valorizzazione dei nostri restauratori”.

“Il concetto di avere cura – precisa Evelina De Castro, storica dell’arte – è emblematico proprio in un momento come questo, ed il restauro è avere cura delle opere e del patrimonio culturale da trasmettere a chi verrà dopo. Questa apertura oggi rappresenta un passo importante a maggior ragione perchè subito dopo il lockdown, i lavori erano già ripresi nella fase 2 e adesso possono proseguire abbinando anche la didattica col work in progress“.

“La chiesa – aggiunge Domenico Mogavero, Vescovo di Mazara del Vallo – è tra i principali custodi dei beni culturali, e questa collezione rappresenta un patrimonio davvero particolare, per certi versi più pagano che religioso, ma è bello, e la chiesa custodisce il bello ed il bello che c’è nell’arte”.

Ad illustrare stamani, nel dettaglio, il progetto l’architetto Luigi Biondo. “La sala della chiesa museo – precisa l’architetto Biondo – esporrà e conserverà tutti e 8 gli arazzi insieme, avrà una temperatura ed un livello di umidità adeguati, le opere poi verranno posizionate leggermente inclinate. E così, finalmente insieme racconteranno questa straordinaria storia ricca di mistero e fascino”.

Ad occuparsi del restauro, l’impresa Scancarello. “Gli arazzi presenti nel cantiere attualmente sono il primo e l’ottavo – spiegano le maestranze – sul primo è stato valutato lo stato di conservazione compreso quello della fibra, e nella trama sono stati rinvenuti danneggiamenti dovuti al tempo. Alcune ritessiture erano state fatte negli anni ’70. Sull’ottavo invece finora abbiamo fatto solo una mappatura. I filati adoperati sono in poliestere per una maggiore elasticità e tenuta. Infine, per quanto concerne l’attività del restauro tessile della collezione verrà instaurato un laboratorio permanente”.

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