venerdì, 29 Marzo 2024
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Il lavoro del cronista in terra di mafia: Salvatore Cusimano incontra gli studenti dell’I.P.S.S.A.R “P. Borsellino”

C’è qualcosa che accomuna il lavoro di cronista a quello dell’inviato: è il metodo di lavoro che comporta  informarsi su ciò che sta accadendo, leggere, approfondire,  avere contatti con le persone che ti aiuteranno a comprendere i luoghi e i fatti di cui ci si dovrà occupare e raccontare, in modo semplice, un mondo complicato. A ciò va aggiunto un altro segreto professionale del giornalismo: occorre andare a casa la sera “con le tasche vuote”. A spiegare in pillole il “metodo del giornalista” e  a sottolineare che “avere un metodo è uno dei segreti del successo delle persone”  è stato Salvatore Cusimano, direttore della sede siciliana della Rai, rivolgendosi agli studenti dell’I.P.S.S.A.R “P. Borsellino” di Palermo in occasione di un incontro organizzato ieri nell’ambito del progetto ‘Giovani cittadini attivi e consapevoli’.
Forte della sua lunga esperienza di cronista di nera e giudiziaria, Cusimano ha raccontato ai giovani cosa ha significato fare informazione sui fatti legati alla criminalità organizzata, in particolare qual è stata la visione che ha guidato la sua professione: “mi interessava far comprendere bene gli effetti della presenza sul territorio delle organizzazioni criminali e volevo cogliere le connessioni tra le stesse e il mondo, apparentemente pulito, della politica, dell’economia, delle professioni e della magistratura”. Non, dunque, raccontare semplicemente i fatti di mafia, ma spingersi ad una analisi approfondita del fenomeno che non è spicciola delinquenza. Così come andavano in profondità nella lettura della realtà due siciliani protagonisti della lotta al crimine organizzato: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. I due magistrati rientrano tra le poche persone che “hanno fatto della lotta alla mafia il loro impegno intellettuale quotidiano”, ed è grazie a professionisti come loro che oggi l’Italia dispone di normative antimafia tra le più avanzate al mondo. “Hanno messo a punto non solo una indagine – ha puntualizzato Cusimano –  ma anche una normativa per abbattere questo fenomeno. E ciò ha consentito di ottenere risultati constanti nel tempo”. È in virtù di questi strumenti legislativi efficaci che, infatti, la mafia di oggi, rispetto a quella sanguinaria e stragista degli anni ’80 e ’90, è più debole, “più rarefatta” ed “è meno preoccupata di mostrare il proprio volto violento”. La mafia dei nostri giorni “si mimetizza nelle istituzioni – ha chiarito il direttore di Rai Sicilia – con persone para-pulite, sia candidandole, sia attraverso il mondo delle professioni”. Bisogna, dunque, sempre preoccuparsi del fenomeno, ma occorre “cambiare gli strumenti rispetto a ieri”. Mentre prima il metodo più condiviso era la repressione, “credo che oggi l’intelligence sia lo strumento da privilegiare – osserva Cusimano”. E’ necessario, dunque, uno strumento di analisi della vita dei quartieri, degli ambienti professionali “per individuare chi sono le teste d’ariete al loro interno”.

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