giovedì, 9 Maggio 2024
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Con Amap un progetto per il recupero delle fontanelle in ghisa

Inaugurata la fontana monumentale di via Volturno, proprio davanti la storica sede di Amap Spa. Ecco inoltre la storia di queste straordinarie opere che donano ai cittadini acqua potabile

Un inedito progetto è quello voluto e realizzato a Palermo dalla Società Amap per il recupero e la valorizzazione delle fontanelle in ghisa municipali. E’ stata inaugurata ieri la nuova Fontana, riprodotta dalle Fonderie di Terni, di via Volturno 2 (di fronte la sede storica dell’Amap).

Si tratta di un’iniziativa che vuole raccontare il fascino delle fontanelle, con l’obiettivo di far rivivere memoria e tradizioni e trasmettere un’antica testimonianza culturale.

“Ecco perché il programma di rilancio delle fontane pubbliche, gestite dall’AMAP che è protagonista positiva del sistema acquedottistico di Palermo, e non solo di Palermo, è allo stesso tempo un salto indietro nel tempo ed uno slancio verso il futuro – commenta il sindaco Leoluca Orlando -. È un salto indietro perché ci porta ad un tempo in cui queste fontane erano diffuse in tutta la città e garantivano a tutti l’accesso alla risorsa naturale più importante. È un passo verso il futuro, quel futuro che immaginiamo sia quanto più possibile libero e lontano dalla cultura dell’ “usa e getta” e della bottiglietta”.

“Questa responsabilità ci vede oggi entusiasti ideatori di un nuovo progetto, che contempla i valori irrinunciabili della nostra azione aziendale e li mischia virtuosamente a “inediti” obiettivi estetici delle nostre vie, dei nostri ambienti, per un progetto di arredo urbano in grado di rendere ancora più belli alcuni luoghi del nostro meraviglioso territorio – scrive nel libretto celebrativo Alessandro Di Martino, Amministratore Unico di Amap Spa -. L’acqua di AMAP arriverà su vie e piazze della città e di quei Comuni oggi in nostra gestione, fuoriuscendo da modelli di fontana in ghisa che ricalcano perfettamente le vecchie fontane di un tempo, quelle utilizzate dai nostri nonni per approvvigionarsi delle salubri acque di Scillato. Questo progetto dedicato al ripristino delle fontane pubbliche ci rende particolarmente orgogliosi anche di tutti i nostri lavoratori, che ancora una volta, con il proprio impegno e la propria passione, lasciano traccia evidente del proprio attaccamento all’azienda e del rispetto che portano verso un bene così prezioso come l’acqua”.

LA STORIA DELLE FONTANELLE

Alla fine del mese di agosto dell’anno 1896, le “chiare e fresche acque” scaturenti dalle lontane falde del Monte Fanusi della catena delle Madonie, scorrevano velocemente nel sottosuolo di Palermo: l’acquedotto di Scillato era stato finalmente completato.
Tutto ciò – oggi è incredibile a credersi – era avvenuto in soli tre anni rispettando quanto contrattualmente convenuto il 12 febbraio 1893 con il Sindaco di Palermo, Pietro Ugo Marchese delle Favare. Dalle opere di presa di Scillato si dipartivano il canale in muratura a speco libero,le gallerie interrate, i numerosi ponti a scavalcare valloni e rupi, le nuove condotte in ghisa e l’acquedotto, per una lunghezza di oltre 80 km, giungeva sino ai maestosi serbatoi di San Ciro e da qui iniziava a ramificarsi dentro il tessuto urbano di Palermo.

Alla fine dell’800 il diffondersi della ghisa produceva un fenomeno analogo a quello che alcuni secoli prima, nel campo dei manufatti artistici, aveva visto nella nostra Isola pratiche decorative di eccellenza, quali le lavorazioni lapidee e marmoree, posizionarsi su uno stesso piano con le creazioni manieristiche e poi barocche realizzate mirabilmente con materiali più poveri come lo stucco.
A differenza del ferro battuto, richiedente per ogni pezzo l’abilità manuale dell’artigiano, la ghisa si plasmava tramite la fusione e permetteva di duplicare a stampo in più copie uno stesso esemplare. Bastava che il fonditore disponesse di artisti che fornissero i disegni e di un bravo intagliatore in grado di tradurli in modelli in legno, per ricavare gli stampi per la colata del metallo fuso e riprodurre in serie i manufatti.
Il primo e più conosciuto modello di sistema distributivo tramite fontanelle pubbliche in ghisa venne realizzato a Parigi dopo la guerra franco-prussiana del 1871, allorquando i bombardamenti avevano distrutto gli acquedotti rendendo necessaria la diffusa collocazione di questi manufatti per assicurare alla popolazione punti di accesso all’acqua potabile e contenere il prezzo della preziosa risorsa che era frattanto lievitato significativamente. La costruzione di queste fontanelle venne finanziata dal filantropo britannico Sir Richard Wallace che le disegnò pensando ad una creazione utile ed estetica e ne affidò la progettazione allo scultore Charles-Auguste Lebourg.
A Milano, alla fine del 1800 le fontanelle vennero costruite dalla Fonderia Lamperti su disegno dello stesso Sir Richard Wallace, le così dette Vedovelle o Drago-Verde denominate così a seconda dei vari quartieri della città. Il nome di Vedovella deriva dal filo d’acqua incessante che sgorga dal loro rubinetto, simile al pianto perenne di una vedova inconsolabile, mentre il nome Drago-Verde viene fatto derivare dal loro rubinetto in ottone a forma di drago.

Di altrettanta importanza e fonte di riferimento per analoghi modelli infrastrutturali è il circuito delle fontanelle civiche in ghisa di Roma, conosciute come “Nasoni”8.
Questo risale agli anni che vanno tra il 1872 e 1874 e fu realizzato dal Comune su iniziativa del primo sindaco della Capitale, Luigi Pianciani, per dare sfogo alla pressione a getto continuo nelle tubature della rete idrica ed assolvere ad una importante funzione sanitaria, che vale per tutti i sistemi distributivi ancora in esercizio, evitandosi con il continuo movimento dell’acqua pericolose stagnazioni
nella rete di distribuzione.

La realizzazione delle fontanelle in ghisa della nostra città è certamente radicata nei riferimenti sopra descritti e si inserì nel contesto di una Palermo ormai affermata Capitale del Liberty, grazie alle creazioni dei noti architetti Giovan Battista Filippo Basile e del figlio Ernesto.
Era una Palermo aperta alle grandi sfide: quella di Damiani Almeyda con il primo teatro popolare coperto come il Politeama, che si contrapponeva a quella dei Basile con il loro Massimo, teatro dell’élite, dalla cupola a petali apribili a lasciare sfogo verso il cielo alla calura degli interni con l’ambizione di creare una moderna grande camera dello scirocco.
Ma Palermo era anche quella della “IV Esposizione Nazionale Italiana” la prima organizzata nel Sud Italia ed inaugurata nel 1891: una città che si presentava come luogo di crescita di una imprenditoria eclettica, vitale e produttiva che andava oltre i noti Florio. Si trattava di imprese che operavano a stretto contatto con i noti architetti ed il loro entourage e che si lasciava permeare dalla sensibilità artistica dell’epoca anche nelle tecniche di fusioni di opere e manufatti in bronzo e nella stessa più economica e plasmabile ghisa.
Lo sviluppo in quegli anni del servizio di pubblica illuminazione a gas, con i pali della luce da allocare nel tessuto urbano, la messa in esercizio del nuovo acquedotto e la committenza delle nuove artistiche fontanelle a garantire una diffusa distribuzione di acqua potabile, divennero occasione per una felice saldatura tra senso estetico e tecniche di lavorazione.

Questo connubio si manifestò anche nei nostri manufatti che attestano il senso di identità di Palermo nella riuscita di un’opera denominata “Romana”, ossia quell’acquedotto di Scillato, moderno e sicuro sistema di distribuzione idropotabile.
La collocazione di un capillare sistema di fontanelle in sostituzione dei più semplici punti di presa collegati ai vecchi acquedotti privati a “Castelletti dividicula” o “Torri
d’Acqua”, fu così accelerata dalla messa in esercizio della rete idrica urbana alimentata dalle acque di Scillato.
Ciò avvenne prioritariamente nei Quattro Mandamenti alimentati dall’acquedotto che derivava le acque denominate “Tortorici – Corrao”.
Nelle borgate, in specie in quelle Marinare, le fontanelle erogavano invece acque di locali sorgive e solo agli inizi del 1903 si pensò di rifare la condotta idrica, sottoscrivendo con i Biglia – Vanni una convenzione integrativa per il prolungamento della rete di distribuzione verso queste zone periferiche.
Molte delle nostre fontanelle, già ideate nella loro particolare forma, vennero collocate
materialmente nell’arco di una ventina di anni tra il 1886 ed il 1910 ed in una seconda tornata nel 1934.

La Fonderia dei Florio, ancora alla fine dell’800, aveva come capo della sezione artistica il cugino dell’architetto Giovan Battista Basile, quel Gaetano Basile (1860-1919) maestro d’arte che subito dopo decise di mettere a profitto l’esperienza acquisita aprendo una propria fonderia.
Le fontanelle palermitane, ancora oggi visibili ed in gran parte funzionanti, si trovano
dislocate in tutto il territorio cittadino e posizionate con un identico schema: poste su un basamento rialzato in pietra, tutte a corpo cavo in ghisa e scudo frontale con stampata l’Aquila, con data di fabbricazione in calce alla base ed un nasello raffigurante un getto d’acqua, fuso nella struttura portante.

Diversamente dalle fontanelle “tipo Palermo”, quelle monumentali in ghisa a colonna ed a doppia vasca a conchiglia, mostrano all’evidenza richiami al linguaggio artistico proprio delle fontane marmoree di Palermo.
Ci riferiamo agli elementi decorativi e simbolici della fontana denominata dei “Due Draghi”, costruita nel 1630 su progetto di Mariano Smiriglio e sita lungo l’odierno corso Calatafi, o alla Fontana del Garraffo scolpita dallo scultore Gioacchino Vitagliano nel 1698 su progetto di Paolo Amato: una struttura marmorea che vede vasche a forma di conchiglia sospese ad elevazione piramidale.

I legami ed i riferimenti della fonte di Villafrati con il suo committente e con Palermo sono di tutta evidenza ed è probabile che la sua realizzazione, su ordine del Principe di Mirto, venne fatta dalla “Società Oretea per la fusione d’opere di ferro e bronzo”, ove Vincenzo Florio svolgeva la funzione di cassiere e componente del consiglio d’amministrazione e che poi la acquisì in proprietà.
Le fontane monumentali di Palermo hanno una datazione successiva al 1886, come risulta dalla data incisa in numeri romani sulla base di quella più antica custodita nell’area del potabilizzatore del Gabriele.
La sua struttura portante è una colonna a forma quadrangolare, incassata su una separata base centrale, chiusa da quattro pannellature rimovibili preziosamente decorate e sormontata da un cappello di chiusura ritmato da piccole mensole di supporto e da falde squamate simili a quelle delle fontane monumentali Wallace di Parigi.

La fontana monumentale, inaugurata in via Volturno 2 davanti la sede dell’AMAP S.p.A. a Palermo, è stata di recente riprodotta dalle Fonderie di Terni (FO.MEC. S.a.s.) utilizzando come stampo la fontana restaurata sita dentro il potabilizzatore del Gabriele.
Si tratta di una prima iniziativa che vuole recuperare quel “mito delle acque di Scillato” che si vuol fare rivivere garantendo l’erogazione di acqua potabile, facilmente accessibile a tutti.
Amap, di concerto con la Soprintendenza ai Beni Culturali, installerà altre tre di queste fontane in luoghi e piazze simbolo della città di Palermo.

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