Sabato 26 marzo alle ore 11 al Museo “Paolo Orsi” di Siracusa, alla presenza dell’Assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, si inaugurerà “Crowned Idols”, la mostra dedicata all’Idolo cicladico concesso dal Museo di Arte Cicladica di Atene a seguito dell’intesa Sicilia-Grecia che ha portato in esposizione ad Atene, lo scorso mese di settembre, il “Kouros ritrovato”, nella grande mostra Kallos.
Attraverso la mostra intitolata “Crowned Idols”, curata da Demetrio Paparoni, il Parco archeologico e paesaggistico di Siracusa, Eloro, Villa del Tellaro e Akrai, diretto da Carlo Staffile, ha voluto esaltare il significato e l’essenzialità dei tratti dell’idolo in marmo della varietà Spedos, datato all’Antico Cicladico (2800-2300 a.C.), mettendolo in dialogo
con un’installazione dell’artista portoghese Joana Vasconcelos e con altre opere esposte nel museo di Siracusa che, pur essendo distanti cronologicamente, mostrano un comune denominatore con i valori simbolici della statua cicladica, ovvero la sua raffigurazione femminile, la bellezza e il significato simbolico e quasi ultraterreno.
Una mostra che consolida ulteriormente i rapporti fra Sicilia e Grecia, che in questi mesi si sono sempre più rinsaldati, grazie all’impegno dell’assessorato regionale dei Beni culturali e dell’Identità Siciliana guidato da Alberto Samonà.
Le figurine di Spedos a cui appartiene la statua in mostra sono sottili forme femminili allungate con braccia piegate, dalla caratteristica testa a forma di U e una spaccatura profondamente incisa tra le gambe; le statue di questa tipologia, tutte femminili, ad eccezione di una, vanno da esempi miniaturistici, alti pochi centimetri, a sculture ben più grandi, come quella che sarà esposta a Siracusa, alta circa 80 cm.
La statua cicladica presenta una forma modernissima, con lineamenti armonici e un tratto assolutamente contemporaneo. Un vero e proprio gioiello dell’arte antica.
La mostra coniuga, infatti, la classicità dell’Idolo greco con la modernità della grande installazione ambientale Crowned Idols dell’artista portoghese Joana Vasconcelos in cui la figura femminile, il modo in cui è percepita, il suo ruolo e il suo rapportarsi alla società, viene posta al centro della riflessione artistica. L’associazione con l’Idolo proveniente dalla Grecia muove dalla considerazione che l’arte cicladica, che siamo portati a identificare con raffigurazioni essenziali e stilizzate vicine al gusto della scultura modernista, pone al centro proprio una figura femminile.
Per l’installazione del Museo Archeologico Paolo Orsi, l’artista ha tenuto conto della forma circolare dello spazio espositivo, presentando e incoronando, con un diverso equilibrio formale, un’altra figura femminile, questa volta rappresentata dall’Idolo Cicladico. L’opera in mostra, “Crown”, è stata esposta per la prima volta a Londra nel 2012 in occasione del sessantesimo anniversario dell’incoronazione della Regina Elisabetta II.
Il fil rouge tra l’opera cicladica, l’arte greca coloniale e quella cristiana è stata individuata proprio nella continuità del simbolismo “donna-divinità-natura” in cui Demetra e Kore, le Ninfe e le Sante paleocristiane costituiscono figure derivate e conseguenti all’organicità figurativa cicladica.
Tratto d’unione, in una visione moderna che mette in relazione preistoria e storia, l’opera di un’artista contemporanea che ha scelto come fonte di ispirazione il mondo femminile, reinterpretato in nuove narrative.
Parte il restauro del convento di Santa Maria degli Angeli a Caltanissetta.
Sarà sede della Soprintendenza dei Beni culturali
Partiranno lunedì 21 marzo, con la consegna dei lavori, le opere di completamento del restauro relativo al Convento di Santa Maria degli Angeli, importante edificio storico demaniale che si trova a Caltanissetta.
L’intervento sul complesso conventuale, che risulta costituito dall’omonima chiesa del XIII secolo e dall’annesso convento dei Frati Minori Riformati, realizzato nel XVII secolo in aderenza alla stessa chiesa, punta al totale recupero artistico funzionale del manufatto e alla piena fruibilità dell’edificio che ospiterà gli Uffici della Soprintendenza dei Beni Culturali di Caltanissetta.
Le opere previste nel progetto redatto dalla stessa Soprintendenza, riguardano il completamento dei lavori avviati con un precedente intervento di restauro che ha interessato l’intero complesso architettonico ad esclusione degli interni del primo piano del convento e di alcuni ambienti a piano terra. In questi locali saranno anche eseguiti gli interventi di finitura interna, inclusa la realizzazione degli impianti tecnologici e la collocazione di pareti mobili in vetro e acciaio che garantiranno l’isolamento degli ambienti di lavoro mantenendo inalterata la vista della copertura con capriate lignee, già restaurata con i lavori effettuati durante la prima tranche dei lavori.
L’intervento, finanziato con 1.059.582,14 di euro del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 “Patto per la Sicilia”, sarà realizzato dalla ditta ELCAL SRL di Favara ed avrà la durata di 18 mesi.
La struttura sarà dotata di un ascensore di collegamento tra i due livelli per garantire l’accesso e la fruizione dei locali anche ai soggetti con disabilità.
Il progetto, redatto da personale interno della Soprintendenza, prevede anche la realizzazione degli spazi esterni dove è prevista la piantumazione e la messa a dimora di essenze arboree e il restauro dei due piloni che sostengono il cancello d’ingresso adiacente al Castello di Pietrarossa.
Sant’Agata di Militello. Torna restaurato al Duomo San Giuseppe e il Bambinello
Nel giorno della vigilia di San Giuseppe, al Duomo di Sant’Agata di Militello (Me), alla presenza della Soprintendente dei Beni culturali di Messina, Mirella Vinci, della storica dell’arte Stefania Lanuzza, del sacerdote Daniele Collovà, Parroco della Chiesa Madre di S. Agata Militello e dell’avv. Nino Testa, in rappresentanza dell’Assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, è stato presentato il gruppo scultoreo ligneo raffigurante San Giuseppe col Bambino, restituito alla comunità dopo i lavori di restauro.
In linea con un’iconografia tradizionale piuttosto diffusa, il gruppo statuario realizzato intorno alla metà XIX secolo, rappresenta San Giuseppe nel ruolo di guida premurosa di Gesù fanciullo, secondo una formula che vediamo codificata a partire dalla seconda metà del Cinquecento, sotto l’influsso dato alla devozione verso il Santo dall’Ordine Carmelitano e dagli scritti di Santa Teresa d’Avila.
L’intervento di restauro, realizzato dalla Ditta “Restaurando” di Rita Guarisco, si è reso necessario per salvaguardare il manufatto e tutelare l’incolumità dei fedeli durante la processione devozionale. L’opera, infatti, presentava frutture all’altezza del polso della mano sinistra che, distaccato, era stato incollato con procedimento non idoneo, e nelle dita della mano destra. Scrostrature e abrasioni recuperate con interventi di coloritura non idonei compromettevano, inoltre, la bellezza e l’incolumità del santo protettore di sant’Agata.
Cenni sul gruppo scultoreo
Il complesso scultoreo è composto da San Giuseppe, realizzato in altezza di cm 177, e da un bambinello fanciullo di 106 cm di altezza. Nell’immagine San Giuseppe è munito del bastone da viandante, in questo caso in argento, con chiaro riferimento al viaggio compiuto verso Betlemme e alla fuga in Egitto. Questo attributo iconografico convenzionale con la terminazione fiorita, allude al bastone rinsecchito che, secondo la tradizione apocrifa riportata dal protovangelo di Giacomo e, in seguito, anche nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, sarebbe miracolosamente fiorito per indicare il prescelto da Dio quale sposo di Maria.
La figura, elegantemente drappeggiata e caratterizzata da un saldo plasticismo, accenna al movimento con posa bilanciata chinandosi leggermente verso il Bambino. Quest’ultimo è raffigurato col viso paffuto incorniciato dai capelli mossi e abbigliato con una morbida tunichetta che lascia parzialmente scoperte le braccia. Il volto barbuto di San Giuseppe è reso espressivo grazie alla puntuale definizione dei tratti fisionomici e grande cura è riservata pure ai particolari anatomici (mani, piedi) di entrambe le figure tramite un sapiente lavoro d’intaglio, ma anche nel delineare a pennello alcuni dettagli del vestimento, come il fine intreccio dei lacci nei sandali.
Rispetto alle sculture di analogo soggetto e impianto compositivo realizzate nel tardo Settecento da Filippo Quattrocchi (si vedano il San Giuseppe con Bambino della chiesa del convento Madonna della Dayna a Marineo, quelli delle chiese madri di Villalba e di Polizzi Generosa e quello della chiesa di San Giuseppe di Milazzo), con le quali non mancano generali affinità e punti di contatto, l’opera di Sant’Agata di Militello mostra un assetto più statico e una compostezza di sapore neoclassico che suggeriscono una datazione intorno alla metà del XIX secolo.
Allo stato attuale delle ricerche mancano documenti e fonti bibliografiche specifiche utili per la collocazione cronologica esatta e l’individuazione inoppugnabile della paternità dell’opera che è stata tradizionalmente ritenuta di mano dello scultore Salvatore Bagnasco, appartenente ad una famiglia di artisti di origine torinese attiva a Palermo tra il XVIII e il XIX secolo (Palazzotto 2014). Uno studio recente di Calogero Brunetto (2016) distingue, però, due diversi scultori che rispondono al nome di Salvatore Bagnasco attivi rispettivamente nella prima e nella seconda metà dell’Ottocento e, in una rassegna generale della produzione di questi artisti, inserisce il San Giuseppe di S. Agata associando la data 1883 senza specificare la fonte storica o documentaria alla quale è attinta la notizia.