venerdì, 26 Aprile 2024
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“La Buca”: la metamorfosi di Daniele Ciprì.

Seconda prova da regista per Daniele Ciprì, che ieri a Palermo ha presentato il suo ultimo film “La Buca”, commedia con l’inedito duo Castellitto-Papaleo,che già dai primi fotogrammi rimanda alla Hollywood del periodo cinematografico di Blake Edwards. La storia è semplice, con un triangolo che viene completato dall’attrice Valeria Bruni Tedeschi. Castellitto è un avvocato di secondo ordine che con truffaldino cinismo cerca di battere cassa, Papaleo è un’ex carcerato spiantato, con alle spalle ventisette anni di carcere per un errore giudiziario e la Bruni Tedeschi è una barista, che con due batValeria_Bruni_Tedeschitute da adito allo spettatore di percepire d’aver avuto una precedente storia con uno dei due protagonista e che, probabilmente, forse avrà una nuova storia con l’altro personaggio. Poi a questi s’aggiungono, oltre ad altri grotteschi personaggi minori, il cane Sioux che insieme a una “buca” stradale sono la scintilla d’avvio di tutta la vicenda. Allo spettatore apparirà spiazzante questo Ciprì ironico in commedia, in parte diverso e in parte no a quello mostrato nel precedente “E’stato il figlio”. Certamente l’omonimo romanzo d’ispirazione di Roberto Alajmo, in quel caso, ha aiutato molto il neo-regista ad essere più vicino al sé d’origine del “Cinico Tv” ed altri progetti passati. Ma forse, oggi, la svolta, con questa atemporalità, ricostruzione puzzle di luoghi ed anche maniacalità spinta, in certe sequenze, con ingressi in secondo piano ripetuti con certosina frequenza, vuole essere collegata, seppur flebilmente, a quel medesimo filo passato; a quel racconto del cinismo umano ma in modo dirocco_papaleoverso e, magari, un po’ più leggero e per addolcire la pillola al pubblico. Ritorna in Sicilia Ciprì, ma “da questa Palermo – come afferma in conferenza il regista – non ho mai preso una vacanza, solo che non ci ritrovo più gli elementi d’ispirazione o, per meglio precisare, li ritrovo in tanti luoghi, nelle persone più disparate, che, ignare d’essere dei personaggi, poi destrutturo e ricostruisco in miei immagini di tempo e di luogo del tutto originali, che in seguito dipingo in fotografia e racconto”. In pratica, come appare evidente, se il cinema attraversa il suo momento di crisi è perché siamo immersi troppo nelle immagini e poco nell’immaginazione. “Lo vediamo tutti i giorni – dice il regista – come la tecnologia degli smart phone e il dialogo attraverso i social ci hanno cambiato. Tutti girano immagini, siamo realtà nelle immagini, ma dove sta più la nostra immaginazione?” Ecco il punto, l’immaginazione, ecco perché il regista preferisce raccontare la bugia e la verità con la finzione manieristica del cinema di un tempo, quello hollywoodiano, ma senza comunque dimenticare d’inserire, in questo suo modo di farlo, la gestualità siciliana e le sue tipicità pazzoidi. “Mi piace ritrovarmi ad essere più bugiardo a raccontare la verità che il contrario”, dice il regista. E per farlo prende a piene mani da altri testi in pellicola: “C’era una volta in America”, “Frankenstein Junior”, “La Stangata” e un po’ traendo ispirata fonte anche da personaggi come Woody Allen, Walter Matthau e Jack Lemmon. Insomma, storia di una metamorfosi questa “La Buca” di Ciprì, che, tra eccesso di immagini collettive ed immaginazione personale, tra verità raccontate a mezzo delle bugie, e in questa “particolare empatia casuale” con un Sergio Castellitto, che gioca in un ruolo cattivo, ed un Buster Keaton alias Rocco Papaleo, probabilmente vuole cercare un nuovo modo di raccontare il nostro cinismo, ma anche il nostro disarmante candore.

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