martedì, 30 Aprile 2024
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‘Palermo Anni ’70’: nella Biblioteca di Casa Professa la mostra fotografica di Maurizio Diliberto

"Sono in cerca di giovani che vogliono fare cinema, contattatemi"

È stata presentata ieri, venerdì 28 settembre, alla Biblioteca Comunale di Casa Professa a Palermo, nei suggestivi lavatoi medievali attigui alla chiesa dei SS Crispino e Crispiniano, la mostra fotografica “Palermo anni ’70” del regista Maurizio Diliberto Paulsen curata, organizzata ed introdotta da Graziella Bellone ed inserita nel programma di Palermo Capitale della Cultura 2018.

Presenti all’inaugurazione, oltre all’autore, il consigliere comunale Francesco Bertolino, la responsabile del Servizio Sistema Bibliotecario, Spazi Etnoantropologici e Archivio Cittadino, Eliana Calandra, e Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, figlio dell’autore.

«Il senso dell’inserimento di questa mostra all’interno dell’iniziativa di Palermo Capitale della Cultura 2018 – ha affermato Francesco Bertolino – è quello di raccontare la città e i suoi monumenti alle persone di diversa cultura che vivono quei luoghi, affinché possano convivere pacificamente insieme e riconoscersi in essi».

Fotografia di Maurizio Diliberto in esposizione

Palermo Anni ’70‘, è una rassegna di circa 30 foto ricordo in bianco e nero, presentate e suddivise in due sezioni, rispettivamente collocate nei due splendidi lavatoi storici. Alcune rappresentano luoghi, personaggi ed eventi della carriera di attore e regista dell’autore, altre, invece,  trasportano nell’atmosfera della Palermo degli Anni ’70 con particolare attenzione al centro storico.

Espozione all’interno di uno dei lavatoi

«In quegli anni – ha spiegato Graziella Bellone – la cultura e la ricchezza coabitavano con l’analfabetismo e il degrado delle popolazioni più povere e, l’occhio interiore di Maurizio Diliberto, è stato capace di far rivivere quelle realtà attraverso le fotografie. Un’epoca pre-digital – ha proseguito la Bellone – in cui le immagini assumevano un significato unico ed imprescindibile per poter toccare le coscienze di chi si trovava anche dall’altra parte del mondo».

«Le foto esposte – ha concluso la professoressa – offrono non solo uno spaccato di quel tempo, ma rappresentano un momento storico della nostra vita fonte di emozioni, ricordi e sogni che l’osservatore potrà rivivere e ritrovare in quella che è anche la sua storia».

Fotografia di Maurizio Diliberto in esposizione,

Una nuova avventura quella di Maurizio Diliberto Paulsen che, per la prima volta, dopo la lunga carriera di attore (ha lavorato anche con Luchino Visconti), regista e reporter, porta alla luce le immagini della propria vita attraverso un’esposizione che ha il sapore dolce del ricordo. Il significato della mostra e un breve excursus della sua storia lo ha raccontato a noi del GCPress: «Paulsen, era il cognome di mia madre e poiché, alla sua morte, non sarebbe più esistito, ho deciso, insieme ai miei fratelli, di aggiungerlo a quello di mio padre per mantenerne la continuità».

Fotografia di Maurizio Diliberto in esposizione

«Negli anni ’70 – ha proseguito il regista -, fu presentata, all’Hotel delle Palme, la prima macchina fotografica elettronica, una Yashica, indistruttibile agli urti, che mi colpì così tanto che decisi di acquistarla. Era in grado persino di fare bellissime foto con la luce di due semplici candele. Con questa macchina – ha proseguito il regista – ho iniziato ad esplorare la città soffermandomi in un luogo che amo molto e che è stato la location di tanti set cinematografici come, ad esempio, “Il Gattopardo”: piazza Magione».

«In quegli anni – ha specificato Diliberto – facevo l’attore e poi, per caso, ho dovuto sostituire il regista, assente per un futile motivo, e da lì ho iniziato a fare la mia carriera dietro la macchina da presa. Gli anni ’70 hanno letteralmente cambiato la mia vita».

Quegli anni sono segnati anche da un altro, bellissimo, evento, la nascita del figlio Pierfrancesco, che seguendo le orme del padre, ha imparato i “trucchi del mestiere” stando sempre al suo fianco: «Da piccolo, mi seguiva ovunque io andassi e abbiamo collaborato tantissimo insieme. Oggi, che anche lui è un regista affermato (ha diretto ed interpretato, tra gli altri, “La mafia uccide solo d’estate“) non intervengo più, ma sono sempre li con lui e ci capiamo anche solo con uno sguardo».

Attualmente, Maurizio, sta lavorando ad un progetto che gli sta particolarmente a cuore e che ha come protagonista l’uomo “anziano”: «La sceneggiatura che ho quasi ultimato – ha spiegato il regista – riguarderà gli uomini della mia età – 74 anni ndr – che non vogliono restare seduti su una sedia, ma realizzare  qualcosa di costruttivo coinvolgendo i giovani. Qualora ci fossero giovani, ragazzi interessati ad approcciare al mondo del cinema, possono tranquillamente contattarmi sul mio profilo Facebook»

Una strada, quella del cinema, che il figlio Pierfrancesco ha intrapreso e condiviso mano nella mano col padre per tanti anni, ma che adesso prosegue da solo: «E’ strano vedere esposte al pubblico delle foto che conoscevo solo nella sfera privata e sono contento che siano “uscite di casa” –  rivela al GCPress – perché, nel tempo, hanno assunto un valore incredibile e mostrano quanto sia cambiata la nostra città. Non ricordo molto di quegli anni perché ero molto piccolo, i miei ricordi più nitidi – ha affermato ironicamente – partono dai Mondiali di calcio dell’82».

Parafrasando una celebre canzone italiana, ma cosa è rimasto di quegli anni ’70?: «C’è stato un cambiamento positivo – ha affermato Pif -, ma credo sia rimasto questo continuo attribuire le colpe delle cose che non vanno bene agli altri ed ignorare le proprie responsabilità. Tutta l’Italia, ma Palermo maggiormente, ha pagato un prezzo molto alto proprio per questa caratteristica che, oggi come ieri, persiste».

«Attualmente – ha concluso Pierfrancesco – non ho progetti in cantiere insieme a mio padre e penso che, ad un certo punto della vita, uno debba imparare a camminare con le proprie gambe: è traumatico, ma necessario».

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