martedì, 30 Aprile 2024
spot_img
HomesocialeAutismo. Cos'è e come si vive

Autismo. Cos’è e come si vive

Hanno problematicità di linguaggio e di comunicazione, un’apparente difficoltà di contatto emotivo sia con i genitori che con i coetanei, mostrano indifferenza o ipereccitabilità agli stimoli, possono esplodere in crisi di pianto o di riso, oppure diventare autolesionisti verso le persone e oggetti. Ecco questi sono i sintomi di chi è affetto da autismo.
Definire cosa sia l’autismo è difficile. È considerato il peggiore degli handicap, perché pur accompagnandosi ad un aspetto fisico normale, coinvolge diverse funzioni cerebrali e perdura per tutta la vita. Si parla, infatti, di Disturbi dello spettro autistico e come ricorda la comunità scientifica internazionale (classificazione ICD 10 dell’OMS e DSM IV), include patologie che prima riguardavano categorie diverse: il disturbo autistico, la sindrome di Asperger, la Sindrome di Rett, il disturbo disintegrativo della fanciullezza e il disturbo pervasivo dello sviluppo. In realtà si trattano di disturbi dello sviluppo a livello neurologico, estremamente variabili da persona a persona (il termine spettro si riferisce a questa variabilità appunto).
Secondo recenti studi il disturbo si manifesta in un bambino su 100 con un’incidenza più alta nei maschi in una proporzione 4:1 rispetto alle femmine. Ha un esordio molto precoce, può manifestarsi già nei primi mesi di vita e viene riconosciuto entro il terzo anno di età. L’autismo non ha una singola causa, molteplici geni e fattori ambientali, come virus o sostanze chimiche, possono contribuire a determinarlo.
Molte persone in base alle loro conoscenze hanno però diverse considerazioni su di loro: Gli autistici sono super intelligenti. Gli autistici non capiscono nulla. Un bambino autistico non può parlare e non può frequentare una scuola pubblica. Se un bambino a due anni non parla allora ha un ‘autismo lieve’. L’autismo è contagioso. L’autismo è ereditario. Una persona autistica è pericolosa. Se volessimo potremmo continuare ancora. Sono davvero tante le inesattezze, i luoghi comuni e le vere e proprie sciocchezze sul Disturbo Autistico.
Giornale Cittadino Press ha voluto ‘attenzionare’ questo disturbo chiedendo opinioni e pareri a psicologi e insegnanti, i quali ogni giorno cercano di integrarli,inserirli e includerli nella scuola e nella società aiutandoli a vivere meglio.
La Dottoressa Daiana Tinnirello, laureata in Psicologia, riguardo l’arco di vita ci ha detto: “L’autismo non è da considerare una malattia, ma un disturbo complesso del funzionamento del cervello che va ad influire negativamente sullo sviluppo del linguaggio, delle capacità relazionali, delle abilità sociali. Il mondo dell’autismo è molto vario; se da una parte ci sono persone iperattive, dall’altra ci sono soggetti passivi a qualsiasi stimolo e sollecitazione. Nessun autistico è uguale ad un altro. Di fronte ad una diagnosi di autismo comunque, la prima cosa da fare è far seguire al bambino un percorso mirato. Esistono numerose strategie di intervento educativo e comportamentale che, se messe in atto fin da subito, possono essere utili: sviluppare la capacità sociali e di comunicazione e sviluppare l’autonomia. I metodi più vantaggiosi sono: l’ABA e il TEACH. Il primo consiste nell’applicazione dei principi comportamentali per l’insegnamento delle abilità sociali e per la correzione dei comportamenti problematici. Esso richiede sessioni di terapia frequenti nell’ambiente naturale del bambino, quindi si predilige la sua casa. Il TEACH è un programma meno intensivo e che si focalizza maggiormente sulla riorganizzazione dello spazio nell’ambiente scolastico. Nelle aule TEACH, ad esempio, vengono usati tabelloni o suggerimenti organizzativi visivi in quanto i processi visivi sono un punto di forza di molti bambini autistici. L’obiettivo è ottenere una comunicazione funzionale spontanea”.
“Ho insegnato sostegno per la prima volta l’anno scorso e ho seguito un bambino autistico. – Ci racconta Maria Calogera Zito, docente di scuola primaria- Marco di quasi 9 anni frequentava il primo anno di primaria, con lui ho imparato tanto, ci siamo dati tanto amore. Sì, all’inizio è stato difficile farmi accettare e soprattutto capirlo e relazionarmi con lui. Ma un giorno entrai in classe con delle matite colorate, lui appena le vide, me le tolse immediatamente dalle mani e iniziò a pasticciare. Lì fu il primo momento di complicità. Da quell’episodio ho capito che dovevo iniziare a rispettare i suoi tempi e non richiedere troppi cambiamenti improvvisi. Ho incominciato a strutturare la sua giornata in modo chiaro, pianificando in anticipo le attività, mi rivolgevo a lui in modo calmo e chiaro, ho utilizzato il canale visivo per l’apprendimento, avvalendomi di schemi,tabelle e immagini. Ho visto diversi miglioramenti ma in tante cose non è progredito. Mi è dispiaciuto lasciarlo, ma si sa una supplente è una supplente. Spero che quest’anno abbia trovato una maestra con la quale si trovi bene”.
Ci auguriamo che questa patologia venga studiata e analizzata sempre più da chi di dovere e dare così un contributo in più per la crescita e l’autonomia di questi bambini autistici.
“Un metodo educativo per un bambino può non funzionare per un altro bambino. L’unico denominatore comune per tutti i bambini è che l’intervento più è precoce più funziona”. Temple Grandin, professoressa associata della Colorado State University, una delle più famose personalità affette da autismo.

CORRELATI

Ultimi inseriti