mercoledì, 30 Aprile 2025
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Intelligenza Artificiale e lavoro: rivoluzione o apocalisse?

Le nuove tecnologie stanno ridisegnando radicalmente professioni e competenze, ma le opportunità potrebbero superare i rischi

L’intelligenza artificiale è entrata prepotentemente nelle nostre vite e, soprattutto, nei nostri luoghi di lavoro. Non passa giorno senza che qualche nuovo strumento basato sull’IA prometta di rivoluzionare interi settori professionali. Ma cosa sta accadendo davvero nel mercato del lavoro italiano ed europeo?

Secondo uno studio recente dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, entro il 2030 circa il 30% delle mansioni attuali potrebbe essere automatizzato. Non significa necessariamente perdita di posti di lavoro, ma certamente una trasformazione radicale. I lavori più a rischio? Quelli ripetitivi e prevedibili: operatori di data entry, revisori di documenti standard, ma anche alcune mansioni amministrative di medio livello.

“L’errore più grande è immaginare che l’IA sostituirà interamente le persone”, spiega Marco Bentivogli, esperto di innovazione e lavoro. “Stiamo assistendo piuttosto a una riconfigurazione: le macchine si occuperanno di compiti ripetitivi, liberando tempo per attività a maggior valore aggiunto”.

Il fenomeno dell’upskilling (aggiornamento delle competenze) e reskilling (riqualificazione) è diventato centrale nelle politiche aziendali. Confindustria stima che oltre il 60% delle aziende italiane con più di 50 dipendenti ha già avviato programmi formativi per adattare le competenze dei propri dipendenti all’era dell’intelligenza artificiale.

I lavori emergenti raccontano una storia interessante: prompt engineer, specialisti in etica dell’IA, esperti di interpretazione dati. Figure ibride che combinano competenze tecniche e umanistiche. “Il paradosso è che proprio le competenze più tipicamente umane – creatività, empatia, pensiero critico – diventano più preziose nell’era delle macchine intelligenti”, osserva Silvia Zanella, autrice di “Il futuro del lavoro è oggi”.

La geografia del lavoro sta cambiando radicalmente. Il remote working abilitato dalle tecnologie permette di lavorare da qualsiasi luogo, ma crea anche nuove disuguaglianze tra chi può permettersi questa flessibilità e chi no. Le piccole città italiane stanno assistendo a un ritorno di professionisti digitali in cerca di qualità della vita, fenomeno battezzato “south working”.

Per le nuove generazioni, l’adattabilità diventa la competenza fondamentale. I dati Istat mostrano che un ventenne di oggi cambierà in media 5-7 lavori durante la sua carriera. Non si tratta solo di cambiare azienda, ma spesso di reinventarsi completamente.

Le sfide non mancano: il digital divide e rischia di creare un mercato del lavoro a due velocità; le normative faticano a stare al passo con l’innovazione; i sistemi educativi devono essere ripensati radicalmente. Tuttavia, nella storia, ogni rivoluzione tecnologica ha creato più lavoro di quanto ne abbia distrutto. Sarà così anche questa volta?

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