venerdì, 19 Aprile 2024
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Tutti al mare, tipi da spiaggia

Nel precedente pezzo, ho trattato il tema del “Tutti al mare” questo è il sequel. Racconterò alcuni episodi accadutomi, mischiando la realtà alla fantasia. Dove si ferma la fantasia e inizia la realtà, non lo dirò neanche sotto tortura, anche perché, ad una certa età, è  possibile confondere la fantasia con la realtà.

Ma bando alle ciance passiamo ai ricordi:

Sferracavallo - Barcarello
Sferracavallo – Barcarello

Primo ricordo: avevo circa 10 anni, ero al mare a Sferracavallo con mio zio e mia cugina, insieme ad un suo amico con il figlio. Avevamo passato una bella mattinata al mare, bagno, merenda e poi arrivava il momento di andare via. Ci siamo asciugati e rivestiti, eravamo quasi pronti per andarcene. Mio zio aiutò la sua figliola a vestirsi e, l’amico di mio zio, aiutò il suo figliolo a rivestirsi. In particolare per quest’ultimo, arrivò il momento di calzare i sandali (una calzatura di moda a quel tempo). Messo il primo sandalo, premetto che, per meglio fare questa operazione invitava il figlio a mettere il piede su un pietrone. Fatto questo lo invitava a scendere il piede e a porgere l’altro. Il ragazzo ubbidiva ma,  metteva il piede con il sandalo in una pozza d’acqua, proprio a lato del pietrone. A questo punto il padre sbottava «cretino ma che fai? Metti il piede appena asciugato e con il sandalo, nell’acqua»? A queste parole seguì un bel scappellotto. Io non sapevo se ridere o meno. Mio zio redarguisce il suo amico «ma dai lascialo stare è un ragazzino». L’altro rispose «si… ma è un cretino. Come si fa a non capire che adesso mi toccherà asciugare oltre al suo piede anche il sandalo? Ma io dico, su tre lati del pietrone era asciutto e lui dove decide di mettere il piede sul quarto lato, dove c’è una pozza! È proprio un cretino». Mio zio, per sminuire la tensione: «ma è tuo figlio, come si dice: tale padre tale figlio» e qua risata generale. Raccogliendo il tono di scherzo l’amico rispose: «ma chissà mia moglie con chi l’ha fatto, non mi somiglia per niente». Altra risata generale. Ma il ragazzo non coglie e crucciato borbotta «ma allora non sei mio padre». Suo padre prontamente: «visto, è un cretino, manco capisce quando uno scherza! Figlio mio ma chi se la doveva prendere a tua madre, solo io. A questo punto da una carezza a suo figlio, mentre tutti noi a ridere a crepapelle.

Secondo ricordo: ero in compagnia di amici, non ricordo dove eravamo di preciso, ma sicuramente in una spiaggia in riva al mare. Accanto a noi una famigliola composta da padre, madre e due figli, un ragazzo ed una bambina, posizionati, escluso il ragazzo, sotto un ombrellone. I genitori erano seduti sulle sdraio, la ragazzina era sdraiata sul telo da mare, accanto alla madre. Il ragazzo era al sole, cosparso di crema protettiva, intento a costruire un castello con la sabbia. Ad un certo punto si alzava e rivolgendosi al papà «ma quando andiamo a fare il bagno»? Risponde prontamente la madre: «abbiamo fatto colazione appena un’ora fa. E’ ancora presto, non essere impaziente». Il ragazzino indispettito «uffa»! Dall’accento della signora capii, almeno in apparenza, che la famigliola era del nord, quindi dedussi che erano in vacanza. Il ragazzo imbronciato continuava, di mala voglia, a costruire il castello. Il padre si alzava e rivolgendosi alla moglie «vado al bar a prendere da bere, prendo qualcosa per i ragazzi»? La moglie «non prendere niente per i ragazzi, per  adesso, visto che tra poco vogliono fare il bagno». E si avvia verso il bar.  Il ragazzino «papà posso venire con te»? La madre immediatamente: «no continua a giocare». Altro “uffa” da parte del ragazzo. Dopo un po’ il ragazzo ci ripensa. Si alza e si dirige correndo verso il mare. La madre non fa in tempo ad intimargli di non andare e con un tono di voce un po’ più alta, gli intima di tornare indietro «Salvuccio, torna ancora non è ora di fare il bagno» ma il ragazzo, non solo non l’ascolta ma è così lesto che subito entra bello beato in acqua. A questo punto la madre si alza e con voce adirata e non più tischi toschi, come dicono al nord, sbotta «Totó ti rissi ri veniri ca». Ma il ragazzo manco la sentì, era bello intento a schiamazzare in acqua. Quindi lei, ancora con un tono di voce, diciamo stile lavandaia «Totooooó ti rissi ri veniti ca, ora ca veni to patri ti fazzu rumpiri i gammi».

Io, i miei amici e alcuni bagnanti, scoppiammo in una fragorosa risata. Tra una risata e l’altra dissi «alla faccia della signora polentona, questa è più terrona di noi». Noi continuammo a ridere a crepapelle. Come finì la storiella? Di li a poco ritornò il padre, che messo al corrente di quanto accaduto, dalla moglie, sbottó «ma finiscila un ci rumpiri i (bip) e veni a fari u bagnu puru tu cu stu cavuru in si po stari additta o suli» e si avviò per  raggiungere il figlio. Lei ci rimase così male che si sedette sulla sdraio ed intimò alla figlia «tu un ti moviri sennò ma scuttu cu tia». Noi tutti non riuscivano a fermarci per il troppo ridere, addirittura ridevamo con le lacrime.

Terzo ricordo… un po’ triste. Ricordo che, quel giorno, con i miei amici, eravamo più grandicelli, ci trovavamo nel mio paesello natio, Sferracavallo. Eravamo a mare nella località denominata Barcarello. La costa di questo luogo è rocciosa ma il luogo è un piccolo paradiso, all’epoca quasi incontaminato. La giornata non era delle migliori. Nei giorni precedenti il tempo era stato brutto, infatti il mare era bello agitato con onde alte. Io con i miei amici eravamo belli sdraiati sullo scivolo (questo era una specie di piattaforma in cemento che permetteva di fruire meglio il mare) a prenderci il sole, non era proprio il caso di fare il bagno troppo pericoloso. Ma qualche amico mio temerario, decise di tuffarsi lo stesso, noi del luogo sappiamo come comportarci nel caso di mare mosso. Accanto a noi c’erano un gruppo di ragazzi non del luogo. Anche loro decisero di fare il bagno nonostante noi avevamo provato a dissuaderli. Alcuni di loro ci ascoltarono, altri si tuffarono. Dopo un po’, i miei amici che avevano deciso di tuffarsi, erano rientrati, con le cautele del caso, e cioè, bisognava aspettare per rientrare a riva, l’onda lunga che segue una serie di onde corte e poi, occorreva fare in fretta. Tutto per loro andò bene, mentre non fu così per quei due ragazzi non del luogo. Uno se la cavò con qualche escoriazione, infatti venne sbattuto contro gli scogli, ma riuscì ad uscire, mentre l’altro non ci riusciva. Aveva sbattuto contro gli scogli più volte e risucchiato dal ritorno dell’onda. Rischiava di  affogare. A questo punto, io ed i miei amici, siamo corsi in suo soccorso, cercando, stando in piedi, di afferrarlo. Dopo un po’, con grande fatica, ci riuscimmo. Lo tirammo a riva,  era sanguinante, non riusciva a stare nella posizione eretta. Lo facemmo sedere sul cementato e, suggerimmo ai suoi amici, di accompagnarlo al pronto soccorso. Era ridotto proprio male. Ma questi non erano venuti al mare con la macchina, ma con i motorini. A questo punto siamo stati costretti ad accompagnarlo noi. Si offrì il mio amico Pino (un ragazzo dal cuore d’oro), io ero un tantino contrariato in quanto li avevamo avvisati di non fare il bagno, non essendo esperti di mare. I ragazzi andarono tutti via, uno si mise in macchina con il mio amico ed il suo amico ferito. Dopo qualche ora Pino ritornò ma era leggermente contrariato, perché non aveva ricevuto neanche un grazie. «Che vuoi fare Pino» gli dissi io «la gratitudine non è di questo mondo, come sai erano tutti montati. Non hanno accettato i nostri consigli. Il mare non perdona. Ogni anno il dio del mare Nettuno, vuole il suo contributo, noi ci prendiamo i suoi figli, i pesci e lui in cambio vuole i nostri, anzi a questo ragazzo c’è finita bene».

Ma tornando sull’argomento dell’articolo “tipi da spiaggia”, analizziamo i personaggi tipici che ci capita d’incontrare al mare. I più caratteristici sono i vu-cumprà che, oramai te li ritrovi ovunque, pure nelle spiagge più isolate. Con i loro cappellini colorati e il loro carico straripante. Come facciano a reggere tutti i loro articoli non si capisce. Ognuno di loro, a modo proprio, si industria per trasportare al meglio la loro mercanzia. Ti vendono, o almeno cercano di venderti di tutto, costumi, tovaglie, ciabatte, palloni, monili, giocattoli, teli etc. etc. e pure prodotti etnici. Ti passano e ripassano d’avanti e dietro tutto il giorno, si soffermano e ti chiedono se vuoi qualcosa, spesso qualche signora abbocca e, per almeno un buon quarto d’ora, non te ne liberi.

Altri personaggi tipici sono i venditori di bibite, di panini, di ciambelle e soprattutto di cocco. Ognuno di loro ha una maniera tipica per vendere il proprio prodotto. Quelli che, secondo il mio modesto parere, sono più accattivanti e folcloristici, sono i venditori il cocco, in particolare nella spiaggia di Mondello, c’è ne sono due che, con la rima, si rendono simpatici e accattivanti, di seguito cito alcuni loro slogan:

Il primo:

  • Cocco bello a pezzettini, pi granni e pi bambini;
  • Cocco bello al suo bambino, così gli cresce il pistolino;
  • Per i belli e per i brutti, questo cocco è per tutti;
  • Se tua moglie poi ti scassa, dagli il cocco che gli passa;
  • La donna attraente, mette il cocco sotto il dente;
  • Per la donna affascinante, cocco bello rinfrescante.

Il secondo:

  • Signorina Cettina, u me cocco è meghiu ra brioscina;
  • Signorina cu telefonino u meghiu cocco tu manci da Tonino;
  • Signora Enza, prima su mancia e poi mi pensa;
  • Signora Susi, prima s’accatta e poi si susi;
  • Signora, signorina, signorinella, u me cocco è chiù bonu ra ciambella;
  • Signor Cannavaro, u me cocco unn’è tantu caro;
  • Signor del Piero, ru me cocco ni sugnu fiero;
  • Signor Trezequet, u me cocco su mancia unneghié.

Poi che dire di alcuni maschietti e di alcune femminucce, con il loro abbigliamento ed il loro comportamento? Ci sono i cosiddetti conquistatori che adocchiano la loro preda e ci provano, quante male fiure che accucchiano (come dicono sempre al nord. Ovvero tradotto: brutte figure che rimediano). Da grande osservatore quale sono, mi piace ammirare sia il mare, ma soprattutto le persone, il loro comportamento, la loro postura e quant’altro possa suscitare attenzione. Infatti non c’è una volta che vado al mare che non succeda nulla, il divertimento è assicurato.

La spiaggia non si fa mancare nulla, diventa un palcoscenico di colori e di immagini in movimento che, rendono il tutto, suggestivo. Peccato che la mamma dei cretini è sempre incinta e senza pensarci su, da il suo contributo per deturpare l’ambiente. E sulle note della canzone “Sapore di sale” di Gino Paoli, auguro a tutti, e longhi e i curti, ai picciotti ed ai vicchiareddi ai masculiddi e ai fimmineddi e puro all’armali, una magica estate di mare.

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