martedì, 18 Novembre 2025
spot_img
HomeA Modo MioTra acciacchi, ricordi e tanto altro, o quasi: la vita in pensione

Tra acciacchi, ricordi e tanto altro, o quasi: la vita in pensione

Qualche giorno fa ho incontrato un ex collega d’ufficio, anche lui in pensione. Dopo i saluti di rito mi ha chiesto come stessi. Io prontamente ho risposto che, tutto sommato, stavo bene, nonostante i vari acciacchi dell’età. «Ogni giorno ne spunta una nuova, non sai mai la mattina cosa ti riserverà quel giorno», gli ho detto. Lui ha annuito e ha candidamente ammesso che anche per lui i malesseri sono aumentati da quando è andato in pensione.

Gli ho risposto: «Stai tranquillo, i tuoi disturbi sono somatici, ti manca il lavoro e, soprattutto, ti mancano i colleghi con cui scambiare due parole. Fai una vita appartata, passi tutta la giornata davanti al computer a smanettare. Esci, fai una passeggiata, vai in riva al mare visto che ci abiti vicino; goditi le giornate in serenità, non ti fossilizzare in casa. Continuando così, ti prenderà lo sconforto».

Lui mi ha risposto che non se la sente, i dolori alle gambe non gli permettono di camminare a lungo, perché si stanca. «È certo – gli ho detto, – più non esci e più non cammini; le articolazioni ne risentono. Esci, svagati, incontra qualche amico o con qualche collega a cui eri legato». Lui: «Non ho amici, quei pochi che avevo o sono morti o non stanno bene e quindi non escono. Dei vecchi colleghi, con qualcuno ci sentiamo al telefono, ci ripromettiamo di vederci, ma questo non avviene mai».

«Mamma mia, che sei tragico», gli ho detto, «troppo abbattuto ti trovo, reagisci, hobby non ne hai?». Lui: «Sì, mi piace andare a pesca, ma da solo mi secca». Io prontamente: «E abbivirati» (detto siculo: “bagnati”, nel senso figurato riferito alle piante che, se innaffiate a dovere, non appassiscono), «così magari reagirai».

Insomma, per farla breve, questo mio ex collega è irrecuperabile. Nonostante le mie sollecitazioni, ho capito che non è cosa sua reagire. Peccato, continuando così il suo corpo, e soprattutto la sua mente, ne risentiranno negativamente, e mi dispiace sinceramente.

Questo incontro mi ha fatto riflettere molto. Ho cominciato a pensare a come passo le mie giornate e mi sono detto, io predico bene ma razzolo male. Anche io, in alcune giornate, non faccio nulla o quasi; mi piazzo sul mio divano preferito e lì sprofondo e sonnecchio, oppure accendo la TV e guardo qualche film.

Ah, quanti film ho visto nella mia vita, innumerevoli. Da giovane, insieme ai miei amici, vedevamo in media tre film la settimana, naturalmente al cinema. Eravamo soci di un cineclub. Ai nostri tempi questo tipo di cinema “alternativo” imperava in città — i più frequentati dalla Palermo bene — e spesso dopo la proiezione c’era l’immancabile dibattito. «Du palle», osservo con ironia.

Mi ricordo che una volta io e il mio amico Pippo abbiamo visto un film amatoriale che cominciò alle 16:30 e terminò a notte inoltrata. Le immagini erano in bianco e nero, per accentuare la trama, e un tantino sfuocate. Noi siamo usciti dalla sala più volte, in una di queste uscite siamo andati a mangiare un boccone in una trattoria frequentata da gente impegnata, anche questo era fico e faceva tendenza. Al ritorno abbiamo constatato che non ci eravamo persi nulla. Alla fine, ci siamo guardati in faccia e, senza dire una parola, siamo andati via. Troppo palloso.

Il mitico film La corazzata Potëmkin (1925, Sergej Ėjzenštejn) era, almeno, meno noioso; era cinema d’autore. Paolo Villaggio lo ripropone genialmente ne – Il secondo tragico Fantozzi – , mitica la frase che disse alla fine della proiezione «Per me… la Corazzata Potëmkin è una cagata pazzesca!», seguita da «92 minuti di applausi». Anche per me e Pippo quel film semi-visto era più di una “cagata pazzesca”: era una supercazzola. Ricordi? La supercazzola è il neologismo di – Amici miei -: una frase priva di senso ma detta con sicurezza per confondere l’interlocutore — roba di Ugo Tognazzi.

Dopo questa deviazione torniamo nel seminato. Come trascorro le mie giornate? Beh, a volte la mia dolce metà mi “rompe”, nel senso che mi costringe ad uscire con lei per sbrigare commissioni, e mi lascia regolarmente in macchina a fare il guardiano, perché purtroppo in città trovare un parcheggio è una chimera; la macchina resta spesso in seconda fila ed io mi faccio due ballones quanto una casa a più piani. “Che ci vuoi fare?” Mi dico. Devo soccombere e stare zitto, sennò sono botte da orbi — naturalmente schiezzo.

Altri miei passatempi sono i lavoretti in casa: ogni giorno, o quasi, c’è qualcosa da fare. Una volta c’era anche il badare ai nostri due canuzzi, che purtroppo uno dopo l’altro sono volati verso il ponte arcobaleno.

I miei hobby sono la pittura e la scrittura. Dopo un periodo di sosta forzata — mi abbuttava — sono tornato a dipingere. Mi piace sperimentare nuove tecniche e materiali. Per quanto riguarda la scrittura, seguo da giornalista la mia squadra del cuore, il mitico Palermo – dolce delizia di noi tifosi. Inoltre scrivo brani come questo e li pubblico nella rubrica “A modo mio”, che gestisco su questo quotidiano online giornalecittadinopress.it. E che dire, tra poco uscirà il mio secondo libro “E fu subito giorno”, ma sto anche per terminare il terzo.

Insomma, fermo quasi non ci sto mai. Mi mancano le lunghe camminate, che spero di riprendere al più presto, ginocchia permettendo. A proposito di ginocchia: l’altro ieri, rivolgendomi amichevolmente a loro, ho detto: «Se non la smettete di darmi fastidio, giuro che mi faccio impiantare ginocchia bionici».

Bisogna tenersi sempre attivi e fregarsene, per quanto possibile, dei vari malanni che ci affliggono, facciamo finta che non ci siano. Lo so, non è facile, ma tentare non costa nulla.

Ad maiora!

N.B. Come copertina ho messo un’altra mia realizzazione, un po’ di sana autocelebrazione non ha mai fatto male a nessuno!

CORRELATI

Ultimi inseriti