venerdì, 29 Marzo 2024
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Quattro domande a Totò Cuffaro

Una telefonata improvvisa, dall’altro capo una voce concitata ma serena che dice “sto arrivando, voglio rivederti”. E’ Totò Cuffaro, ex Presidente della Regione ed uomo politico amato da molti e contestato da altri. Amato da quelli che lo hanno ben conosciuto, oserei dire, contestato da altri che, in verità, ne hanno solo sentito parlare e che mai hanno avuto la possibilità di entrare in contatto diretto. Tante le mani strette, i baci affettuosi elargiti, tante le pacche sulle spalle e le frasi d’incoraggiamento di quegli “anni ruggenti”.

Me lo ritrovo davanti dopo più di 7 anni, ha ripreso qualche chilo Totò, non ha più lo sguardo spento di quanto uscì in permesso dal carcere per andare a trovare i genitori ormai sul letto di morte e non ha nemmeno più l’aria sofferente di chi aveva da pochi giorni finito di scontare la condanna. Cuffaro è oggi un uomo libero e perchè no, uomo impegnato nella Solidarietà. E’ uno scrittore affermato che in carcere ha trovato il tempo e la voglia di mettere su carta i suoi pensieri, le sue sofferenze e di fare anche autocritica.

Dopo averlo abbracciato mi dice “quanto tempo che non ci si vede. Ti trovo bene, dai!” e così, dopo qualche scambio di battute ed un caffè, gli chiedo se posso porgli quattro domande, solo quattro, quelle chi più mi stanno a cuore, quattro domande per il Quotidiano “Giornale Cittadino”, con il quale, da qualche tempo collaboro. Totò risponde con un entusiasta “si certo, che bello dai, fammi ste domande” ed io parto spedito e senza indugi.

R. – Tanti anni in politica, adesso la tua vita è cambiata: quali le occupazioni attuali ed i progetti futuri?

Cuffaro – “Resta il ricordo della politica ma il tempo della politica attiva è finito. Mi dedico alla gente, ai miei figli che, per la mia ben nota vicenda, per 5 anni, mi hanno fatto da ‘padre’. Faccio l’agricoltore, mi occupo delle vigne, degli ulivi, dei fichidindia e delle piante officinali con gli aromi di Sicilia. Non potendo più fare il medico sul territorio italiano applico la mia professione medica in Burundi, mettendomi a servizio degli orfani e dei più piccoli. Un servizio che mi arricchisce e mi da modo di vedere e toccare tante tragedie.”

R. – Cosa ti dice la gente che ti incontra per strada? Plauso, contestazioni?

Cuffaro – “Incontro tanta gente e tanti mi donano applausi e sorrisi e so che sono sinceri perché non ho più, oggi, prebende da distribuire. So quindi che scaturiscono da amore vero e sincero.”

R. – Dopo la tua forzata assenza, come hai trovato la Sicilia, dal punto di vista politico e morale?

Cuffaro – “Ho trovato una Sicilia più povera, ma alla povertà ho trovato accomunato uno scoramento che fa sì che la gente oggi sia sfiduciata sino al punto quasi di non avere più voglia di reagire, sembra che abbia perso la speranza. In molta gente non c’è la forza per costruire il futuro. Sono convinto che la speranza è cosa ‘buona’ e le cose buone, anche se alla fine di un percorso, vincono sempre.”

R. – Che cosa significa per te libertà ieri e libertà oggi?

Cuffaro – “La libertà è il bene più grande unitamente alla famiglia ed ai valori della vita ed ha valore solo se si vive. La libertà non è solo la privazione materiale di uno spazio, la libertà è avere la possibilità di godere del respiro lungo della vita, di accarezzare i sentimenti, di cogliere le tenerezze delle lacrime e dei sorrisi. Credo che l’idea di libertà il carcere me l’abbia rafforzata.”

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