Ricorre oggi, 21 maggio, la Giornata mondiale per la diversità culturale per il dialogo e lo sviluppo, stabilita dalle Nazioni Unite per la promozione delle diversità e dei dialoghi tra le culture; e questa Giornata è stata proclamata in seguito alla Dichiarazione Universale sulla diversità culturale dell’UNESCO nel novembre del 2001, con l’ulteriore obiettivo di “valorizzare il potenziale della cultura come mezzo per raggiungere prosperità, sviluppo sostenibile e coesistenza pacifica globale”.
In una nota, pervenuta alla nostra Redazione, l’AUCLIS, Associazioni Unite per la Cultura e la Lingua Siciliana, rileva che «nel collegato piano di azione si afferma che “Gli Stati membri si impegnano a (…) incoraggiare la diversità linguistica, nel rispetto della lingua madre, in ogni ambito dell’educazione, dovunque ciò sia possibile, e stimolare l’apprendimento del multilinguismo fin dalla più tenera età”».
«Anche altre convenzioni internazionali – continua l’AUCLIS – sottolineano analoghi principi: tra esse la Convenzione ONU sui Diritti del Fanciullo che evidenzia, all’articolo 29, l’importanza di insegnare al fanciullo il rispetto della propria identità, della propria lingua e dei propri valori culturali».
Questi trattati internazionali sono stati firmati e ratificati un pò di tempo fa anche dall’Italia che si è obbligata a darne attuazione.
Alla luce di questo aspetto, l’AUCLIS precisa inoltre che «L’Italia è portatrice di un patrimonio linguistico di lingue regionali e storiche che abbiamo il dovere di tenere vivo: la Costituzione italiana, agli articoli 6 e 9, indica chiaramente la necessità prioritaria di tutelare il patrimonio linguistico italiano autoctono in quanto parte della storia, della cultura e dell’identità nazionale. Tale patrimonio peraltro è in pericolo di progressiva estinzione in assenza di appositi interventi».
E poi, sempre l’AUCLIS conclude così: «Ormai è improrogabile garantire con misure concrete l’effettiva tutela del patrimonio linguistico d’Italia, superando i limiti della legge n. 482 del 1999, che riconosce come lingue autoctone il sardo e il friulano ma non il siciliano, e che si è dimostrata insufficiente per una effettiva tutela di tali valori costituzionali e di respiro internazionale».