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Libri. A tu per tu con Angelica Camassa, autrice del “Diario sconosciuto”.

Palermo 11.11.2016 – Il consesso di poeti contemporanei si arricchisce di un nuovo valido esponente nella persona della sociologa trapanese Angelica Camassa, che in questi giorni ha esordito con il suo primo libro di poesie intitolato “Diario sconosciuto” edito da Spazio Cultura.

L’autrice, che vive a Palermo, è stata ricercatrice presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Palermo e consigliere comunale a Palermo dal 1993 al 1997. La nascita di questo libro rientra nell’ordine naturale delle cose e non poteva non avvenire in quanto Angelica Camassa scrive da sempre e nella sua famiglia si è sempre respirata aria di poesia. Il nonno Michele Alcamo ufficiale dell’esercito italiano, nato nel giugno del 1899 a Paceco, militante tra i socialisti interventisti, ebbe la forza di reinterpretare in chiave poetica la prima guerra mondiale, al punto da portarlo a scrivere versi e storie, ma anche ad assumere comportamenti valorosi pur nella crudeltà di un conflitto che ha generato dolore e morte.

Biagio Balistreri
Biagio Balistreri

L’autrice ne ha fatto oggetto di studio e testimonianza, insieme agli scrittori Biagio Balistreri ed Emanuele Drago in occasione di dibattiti pubblici seguiti da GCPress, la grande guerra raccontata da Angelica Camassa ad esempio, che hanno il merito di tenere viva la memoria e di arricchire la conoscenza e la consapevolezza.

Tornando all’attualità, il nostro giornale ha incontrato Angelica Camassa a Spazio Cultura per discutere di questi temi, prendendo spunto dal libro appena pubblicato.

Nella sua opera di divulgazione lei ha messo in evidenza i fatti e i misfatti in chiave poetica della Prima Guerra Mondiale. Adesso esordisce con questa raccolta di poesie. Esiste un collegamento diretto con le esperienze raccontate grazie ad una vivida memoria storica che la contraddistingue?

Il libro di poesie nato di recente, ha un retroterra collegato alla figura straordinaria di mio nonno che ha segnato la mia infanzia e la mia giovinezza come radici umane e culturali, regalandomi l’attenzione duplice alla bellezza del mondo e alle persone meno fortunate, gli ultimi della terra. Mio nonno è andato volontario per via di una visione risorgimentale e per un ideale patriottico non comune, che si innestava con la letteratura e la poesia di quel periodo, egregiamente sviluppata dall’analisi di Biagio Balistreri ed Emanuele Drago“.

Emanuele Drago
Emanuele Drago

Nel suo libro i valori quali la famiglia, gli affetti, il rapporto stretto intergenerazionale, vengono fuori prepotentemente. In un contesto attuale che vede una netta evoluzione, se pensiamo alle coppie di fatto, ai matrimoni tra generi uguali, alle famiglie allargate, ci interessa conoscere una sua valutazione.

I riferimenti continui alle radici  e alla struttura familiare è di tipo poetico pervaso di gratitudine di dono reciproco e di ricordi, che resta slegato da valutazioni di tipo etico e morale. Leggevo in questi giorni un bellissimo articolo di Massimo Recalcati  su La Repubblica, sulla difficoltà di dire grazie. Ritengo che nei rapporti familiari e amorosi si debba sottolineare la capacità di dire grazie per quello che si è attraversato e che ci si è trasmesso reciprocamente“.

In questi giorni è stato eletto Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, secondo lei è un’occasione persa se pensiamo che poteva essere la prima volta di una donna a capo degli Stati Uniti, peraltro, apparentemente, più liberale e quindi maggiormente fautrice di pace nel mondo rispetto al suo avversario?

I problemi qua si fanno più difficili e ampi ed esulano dal tema poetico, questo è un tema di carattere antropologico e sociologico. Io credo che stiamo attraversando un periodo estremamente delicato e difficile, di cui nemmeno noi siamo completamente consapevoli. La vittoria di Trump sembra una grande sorpresa, così come l’uscita dell’Inghilterra dall’Europa Unita. Stanno avvenendo alcune cose strane in quanto, questo è un mio pensiero di sempre, la realtà è più complessa della nostra possibilità di studiarla e di scandagliarla“.

Il ricordo del tempo che è stato, degli affetti che si evolvono, può generare  il rimpianto? Un sentimento che lei riesce ad elaborare come?

Questa è una caratteristica della mia indole e del  mio modo di manifestarmi a me stessa e agli altri: non ho rimpianti, perché considero importante e considero un dono tutto ciò che ho attraversato. Rimane dentro di me la consapevolezza di queste tracce di cui sono sempre grata, anche se queste tracce possono essere dolorose o ambivalenti. Mettono a nudo ciò che io considero il fondamento della mia attenzione verso gli altri: la nostra vulnerabilità come dono creaturale in quanto non ci fa arroganti, ci fa vedere la nostra fragilità e quella degli altri, consapevolezza che ci unisce più di ogni altra cosa, costituendo così un vincolo affettivo“.

Spesso ci si domanda cosa è la poesia, il suo significato. Possiamo, invece, cercare di stabilirne la funzione nell’epoca che stiamo vivendo, quanto meno dal suo punto di vista?

Una domanda questa che non può mai avere una risposta esauriente, risposta comunque legata alla propria esperienza poetica. Definisco la poesia come l’erte maggiore in assoluto, perché è collegata alla parola, il segno più profondo e caratteristico dell’uomo. Diceva lo scrittore Iosif Brodskij, che la poesia è lo strumento antropologico per eccellenza dell’espressione umana, divenendo un imperativo biologico.La funzione della poesia può essere di tanti tipi: un filtro affettuoso e affettivo nei confronti del reale, una sorta di intelligenza del cuore, che interpreta la realtà nei modi più diversi. Un approfondimento meditativo, che necessita di una certa distanza dalla realtà, che infine viene superata con l’esperienza personale e la consolazione del cuore“.

Nicola Romano
Nicola Romano

La stessa domanda l’abbiamo posta al poeta palermitano Nicola Romano direttore della collana poesie di Spazio cultura edizioni. Ecco la sua risposta.”Jorge Luis Borges ebbe a dire che poesia vale tanto e poesia vale niente, dipende dal valore che le assegniamo. Oggi più che mai si pone questo contrasto perché, con tutti i problemi di sopravvivenza che abbiamo, la poesia potrebbe essere l’ultima cosa a cui appigliarsi. E invece è proprio in questo momento che la poesia deve venire fuori e trovare esplosione, sia per emettere una sorta di documento d’accusa contro tutte le brutture del mondo, sia per potersi rifugiare a livello individuale nel proprio privato, al fine di trovare il giusto equilibrio interiore per poter affrontare tutti i repentini cambiamenti che la vita odierna ci impone, a tutti i livelli. Certo, ai tempi nostri, la poesia è portata a confrontarsi con nuovi temi e con nuove espressioni, l’importante è che tutto si svolga entro i canoni e dentro l’intuizione del fare poetico.

Di solito, una buona poesia porta sempre una ‘rivelazione’, vuoi dal punto di vista espressivo che dal punto di vista esistenziale. E, se avviene, tale rivelazione deve servire per essere applicata alla nostra realtà, alla parte operativa della nostra quotidianità: in pratica, attraverso la poesia bisogna cercare quali sono quei bisogni che attengono all’odierna esigenza umana, alla diversa crescita spirituale, civile e morale, se non altro per potere pilotare quelle innovazioni che la nostra epoca richiede. Fuori da queste coordinate, la poesia è solo un trastullo non richiesto!”

All’incontro con Angelica Camassa erano presenti l’editore Nicola Macaione ed il responsabile digitale e comunicazione di Spazio Cultura, Giampiero Purrazzella.

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da sinistra Nicola Macaione, Angelica Camasso e Giampiero Purrazzella

 

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