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Giardino della memoria, arriva la Quarto Savona Quindici. Ricordare per sconfiggere la mafia – VIDEO prime immagini della strage

Palermo, 23.05.2017 – Il ministro dell’Interno Marco Minniti e dal capo della polizia Franco Gabrielli hanno scoperto oggi il telo che nasconde la teca contenente quel che resta della ”Quarto Savona Quindici”, la Fiat Croma marrone di scorta del giudice Giovanni Falcone accartocciata dall’esplosione della strage di Capaci del ’92 – in realtà avvenuta nel territorio del comune di Isola delle Femmine.  Con loro le vedove Tina Montinaro e Rosaria Schifani.

Tina Montinaro
Tina Montinaro

L’iniziativa “La memoria in marcia”organizzata dall’associazione omonima, presieduta da Tina Montinaro, moglie di Antonio caposcorta di Falcone, ha portato in giro per l’Italia la teca in cui sono conservati i resti della Croma marrone, in un percorso che ha visto le tappe a Sarzana (SP), Pistoia, Riccione, Monte San Giusto (Macerata), Napoli, Vibo Valentia e Locri (RC) per poi fare rientro dopo 25 anni alla caserma Lungaro di Palermo. “Mio marito Antonio, Rocco e Vito – ha commentato Tina Montinaro sul sito quartosavonaquindici.it – non volevano essere eroi, non sfoggiavano il completo da Superman, erano uomini con paure come tutti ma mai vigliacchi. Scortavano un uomo che stimavano e per il quale come è accaduto, erano pronti a dare la propria vita. L’auto su cui viaggiavano è un blocco di lamiere accartocciate, vedendola si percepisce subito cosa sia rimasto dei corpi di quei 3 ragazzi. Tocchi con mano la brutalità della mafia, l’orrore infinito di cui si è resa responsabile. E noi per questo vogliamo che la teca sia a Palermo, per ricordare a tutti di cosa sono stati capaci quei mostri e per dire a testa alta che nonostante tutto, non hanno vinto loro”.

La storia

La Croma blindata marrone, esce per l’ultima volta dalla Caserma Lungaro il 23 maggio del 1992, insieme ad altre 2 Croma blindate una bianca e una azzurra, per recarsi all’ereoporto palermitano di Punta Raisi – oggi intitolato a “Falcone e Borsellino” -. In aerostazione attendono l’arrivo del jet decollato da Ciampino con a bordo il magistrato, direttore degli Affari penali al ministero della Giustizia a Roma,  Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo.

Una volta sbarcarti, Falcone decide di guidare personalmente la Croma bianca e, insieme alla moglie, prende posto sul sedile anteriore mentre l’autista Giuseppe Costanza siede su quello posteriore. Le tre Croma partono alla volta di Palermo percorrendo l’autostrada A29. Sulla Croma marrone, che fa da apripista, prendono posto Vito Schifani, alla guida con accanto il capo scorta Antonio Montinaro e dietro Rocco Dicillo. A seguire la Croma bianca e poi quella azzurra, con a bordo Paolo Capuzza, Angelo Corbo e Gaspare Cervello.

croma bianca falcone
croma bianca

La velocità è di circa 130 km orari e le tre vetture impiegano pochi minuti per giungere in prossimità dello svincolo di Capaci, all’altezza della cementeria. Sono le 17.58 quando Giovanni Brusca, boss del “mandamento” di San Giuseppe Jato, posizionato sulla montagna poco più in alto dell’autostrada, aziona il telecomando che fa esplodere gli oltre 400 chili di tritolo, nascosti sotto l’asfalto,  e saltare in aria entrambe le carreggiate autostradali.

 

La Croma marrone “Quarto Savona Quindici” viene colpita in pieno dall’esplosione, i tre agenti nell’auto dilaniati e  la vettura, ridotta un ammasso di ferraglia accartocciata, sbalzata dalla sede stradale e proiettata nel giardino sottostante a ridosso di un tronco.

La blindata con a bordo Falcone, viene colpita nella parte anteriore. Il magistrato e la moglie vengono estratti vivi dai soccorritori ma successivamente muoiono in ospedale. Restano vivi in quattro: Giuseppe Costanza e i tre agenti della Croma azzurra.

La scena che si presenta ai soccorritori è straziante, paragonabile a una scena di guerra. Un enorme cratere nella sede stradale, macerie dappertutto; l’autostrada non esiste più. Il mondo intero, grazie L’orrore di quelle immagini del 23 maggio 1992 rimarranno per sempre negli occhi di tutti  e anche se sono passati 25 anni, non dobbiamo mai dimenticare che la mafia semina solo morte.

 

 

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