venerdì, 29 Marzo 2024
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Favole e fiabe a Natale.

Due madri, un padre e un viaggio di numeri nelle avventure di tre personaggi fantastici.

Come ogni anno la caccia al regalo è aperta e i libri a portata di tasca sono tra le prede favorite. Non c’è Natale senza favola illustrata o fiaba impacchettata tra i doni sotto l’albero, Due auterovoli memorie del passato, Marcello Marchesi – scrittore, sceneggiatore, regista e autore di numerosi caroselli anni ’70 – e Italo Calvino – scrittore e uno dei personaggi di riferimento della gloriosa casa editrice Einaudi –, hanno espresso un loro pensiero su favole e fiabe. Il primo dei due sosteneva che “è sbagliato raccontare le favole ai bambini per ingannarli, bisogna raccontarle ai grandi per consolarli”. In aggiunta al pensiero di Marchesi, Calvino, invece, sulla fiaba annota: “quell’unica convinzione mia che mi spinge al viaggio tra le fiabe è che io credo questo: le fiabe sono vere!”. Inganno consolatorio o verità, le favole e le fiabe sono navi che attraversano lo sconfinato mare della fantasia: dispensano insegnamenti ed evasioni ai ragazzi e procurano negli adulti la nostalgia dell’infanzia. Cosicché con la magia delle sue luci, il Natale diffonde un contagio

Il fantasma del Natale passato con Mr. Scrooge, Canto di Natale C. Dickens, scena tratta dal film di animazione “A Christmas Carol”.

generazionale di allegria, misto a memoria, che inevitabilmente nei lettori adulti richiama nostalgie e, perché no, un libro di fiabe e favole tra le mani. Come in un “Canto” alla Dickens, che riecheggia il Natale passato, il Natale presente e il Natale futuro, l’entrata nell’incanto delle favole e fiabe apre scenari dimenticati, contemporanei o di prospettiva e con un biglietto d’ingresso diviso tra la scelta del “classico sicuro” e la scelta del recente, ma non tanto, “fantasy garantito”. Facciamo tre esempi per spiegare meglio il concetto.

Vi dice niente il binario 9 e ¾ o il castello di Hogwarts? Era il 1997 e una sconosciuta mamma – fra l’altro appassionata di scrittura – è alle prese con la “sua personale favola”: la pubblicazione del suo primo libro. Nessuno avrebbe scommesso un penny sull’esito delle vendite delle avventure del personaggio di quel libro, fino a quando Bloomsbury – un piccolo editore in quel periodo. – mise sul tavolo 2.500 sterline per una tiratura di sole 500

“Harry Potter and the Philosopher’s Stone”, la prima cover della Bloomsbury Publishing Plc

copie cartonate del libro. A distanza di 10 anni le avventure di quel personaggio sono una saga tanto conosciuta, che, aldilà dell’Oceano e nei soli Stati Uniti, il libro n.7 della serie fa il botto con una tiratura record di 12 milioni di copie, già in prima edizione. Com’è ovvio immaginare, quella sconosciuta mamma è oggi la donna più ricca del Regno Unito, dopo la Regina Elisabetta II, e il suo nome risponde a quello di Joanne Kathleen Rowling. Il libro di avventure di cui parliamo è Harry Potter. In 20 anni di vita la fantasia ha abbattuto record e frontiere e l’avventura del maghetto della scuola di Hogwarts è stata tradotta in 79 lingue, vendendo 450 milioni di volumi – 11 milioni dei quali solo in Italia, con l’editore Salani oggi nel Gruppo GEMS –, producendo un giro economico di circa 7 miliardi di euro. Il 14 settembre di quest’anno, a Dallas (Texas), una copia della prima edizione di “Harry Potter e la pietra filosofale”, pubblicata da Bloomsbury in quelle prime 500 copie – 300 delle quali indirizzate unicamente a biblioteche –, è stata battuta all’asta e aggiudicata alla ragguardevole cifra di ben 81.250 dollari; cioè 5mila volte il prezzo originario. Un bel regalo, per quel collezionista!

Il fenomenale ‘Geronimo Stilton’, invece, nasce in Italia nel 1999, grazie alla fantasia di Elisabetta Dami, che si inventa, con questa personaggio, il direttore dell’Eco del Roditore a Topazia; la città del nostro ‘famoso topo investigatore’. Tutti i libri, per volontà dell’autrice, sono a firma di Geronimo Stilton e questo per mantenere intatto il sogno dei

Elisabetta Dami, la madre di Geronimo Stilton (a fianco).

lettori che sia Geronimo stesso a scrivere. Alla credibilità che sia un topo giornalista a raccontarsi, si aggiunge un’altra dote: quella dell’empatia con i lettori di tutte le età, specie con i ragazzi. E la stessa Dami ad affermarlo: «Geronimo nasce come risposta all’esigenza di poter contare su un amico fidato e sincero, che faccia sentire meno soli. Ha i problemi di tutti, come timidezza e insicurezza. Identificandosi con lui, si scopre che per essere un eroe non serve essere perfetti, e che accettarsi così come si è rappresenta un segno di forza morale». Geronimo Stilton è stata dunque una scommessa vinta dalla Dami e dall’editore piemontese Piemme, che ne detiene i diritti. Le sue avventure sono state tradotte in 48 lingue, lette in 150 nazioni e vendute in 140 milioni di copie, di cui solo 33 milioni in Italia.

Dai quasi nuovi fantasy garantiti al classico sicuro il passaggio è breve, ma in questo caso un longevo matusalemme di anni 177, che accomuna grandi e piccini, ci fa rimanere in

La copertina di Pinocchio, in edizione Bemporad, già al prezzo di Lire 4.

Italia. Un personaggio universalmente apprezzato, che a mio avviso dovrebbe ricevere una tutela eguale a quella recentemente accordata dall’UNESCO alla Pizza napoletana, è Pinocchio. In tal senso, e per divagare (ma non tanto) dall’argomento delle favole e fiabe, esiste un dossier preparativo per il MiBAC, che propone la Svizzera Pesciantina, cioè tutto il territorio di Pescia e la frazione di Collodi, comprensorio d’origine del padre del burattino-bambino più famoso al mondo, nella Lista dell’Unesco Heritage World. Qui Pinocchio veste i panni del testimonial, insieme al Museo della Carta e alla Fondazione Carlo Collodi  a supporto della candidatura e per chi vuole approfondire l’argomento – un po’ per passione, un po’ perché non resti una favola – si suggerisce di leggere “Dalla Valleriana alla Svizzera Pesciantina” a cura di AA.VV., Pacini Editore di Pisa, Anno 2012, pagg.144. Per tornare al nostro eroe, i diritti d’autore dé “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino.” di Carlo Lorenzini, detto Collodi, sono scaduti nella prima metà del secolo scorso, ma è difficile quantificare i numeri di copie vendute, come pure gli introiti generati nel tempo ai vari editori avvicendatisi nella ripubblicazione del libro in Italia e nel mondo. Da quel lontano febbraio del 1883, data della prima pubblicazione del volume da parte dell’editrice Paggi di Firenze – al modico prezzo di copertina di lire 2,50 – e,

La copertina di Pinocchio, in edizione russa.

successivamente, con l’editore Bemporad – che fruttò al suo autore un compenso di lire mille –, l’unico dato certo è che il libro dé ‘Le Avventure di Pinocchio’ è stato tradotto in oltre 240 lingue, facendone l’opera più tradotta e venduta della storia della letteratura italiana; come certifica un’indagine condotta dalla Fondazione nazionale Carlo Collodi secondo dati UNESCO. Negli anni, comunque, l’attenzione al testo di Collodi è accresciuto e come scrive lo scrittore, docente e critico letterario Alberto Asor Rosa: «Il destino di un libro come Le avventure di Pinocchio è d’essere nato come un fantastico libro per bambini, per diventare poi, cammin facendo, un grande libro per grandi, senza smettere mai d’essere un fantastico libro per bambini. In questa duplicità, a tal punto ricorrente da divenire, se così si può dire, permanente, stanno il suo fascino, la sua illimitata disponibilità alla lettura, la sua capacità di parlare a popoli e generazioni diversi e di rivestire, al di là della versione originaria, altre forme e altri linguaggi in movimento (dai balocchi ai cartoons, dai films di animazione, celebre una reinterpretazione disneyana, ai films veri e propri)».

Gianni Rodari, che di fantasie e di scrittura se ne intendeva, credeva che “le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte

Il Pinocchio visto da Enrico Mazzanti, in una illustrazione del 1883.

le ipotesi”. E se ipoteticamente potessimo chiedere a Collodi come mantenersi giovani, son certo che davanti a un fuoco natalizio lui risponderebbe: “C’era una volta…  – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.  Non so come andasse, ma il fatto gli è che un bel giorno questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname, il quale aveva nome mastr’Antonio, se non che tutti lo chiamavano maestro Ciliegia, per via della punta del suo naso, che era sempre lustra e paonazza, come una ciliegia matura”.

Favole e fiabe a Natale, dunque, ed un augurio a tutti i lettori di ogni tempo e senza distinzioni d’età.

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