Si è svolto, presso la “Sala Gialla Piersanti Mattarella” del Palazzo Reale di Palermo, il “Pomeriggio Celebrativo della Lingua Siciliana”, organizzato e proposto dall’Accademia della Lingua Siciliana, in occasione della Giornata Nazionale del Dialetto e delle Lingue Locali, quest’ultima proclamata per la prima volta nel 2013.
Sono intervenuti, a titolo di relatori: il professor Fonso Genchi, il poeta Giuseppe Gerbino su “Perché poetare oggi in lingua siciliana”, il docente di Filologia Romanza all’Università de La Manouba di Tunisi, nonché fondatore nella stessa università della cattedra di Lingua Siciliana, Alfonso Campisi, su “Sicilianità e lingua siciliana in Tunisia tra passato e presente” e il docente della Facoltà di Economia dell’Università di Palermo ed esperto di storia della Sicilia, Massimo Costa.
Hanno partecipato con le loro poesie, rigorosamente in dialetto siciliano, i poeti: Rita Elia, Euranio La Spisa e Arcangela Rizzo. Particolarmente intenso, l’Intervento di Rita Elia che, nei versi di un suo componimento, ha recitato:«Ora a li picciriddi, quannu parranu ‘n sicilianu si cci dici: parla bene, parla in italiano!…La parola ‘mafia’ ‘un s’ha spirdutu….chista è parola ca nun s’ha pututu sfardari. Chista è la parola ca n’avemu affruntari a muntuvari! Chista è la parola ca a li nostri figghi ci avemu a fari scurdari! Chista è parola ca ‘un avissi esistiri chiù…mancu nto vocabolariu!». A seguire, si è svolto il dibattito con gli interventi del pubblico.
È stato presentato, inoltre, il logo ufficiale dell’Accademia, realizzato da Lorenzo Mercurio e vincitore del concorso al quale hanno partecipato 23 concorrenti. Lo stesso Mercurio, intervenendo in conferenza, spiega: «Per realizzare questo logo, ho preso spunto da un sigillo medievale che riproponesse le aquile federiciane e lo stemma del Casato d’Aragona di Sicilia».
«Il logo – conclude Mercurio – è in formato vettoriale in modo da poter essere utilizzato in qualsiasi contesto».
Ad aprire il pomeriggio celebrativo, il professor Fonso Genchi che, motivando la scelta del Palazzo Reale quale sede dell’incontro, in quanto luogo che ha visto nascere la lingua siciliana nella sua accezione poetica e letteraria, introduce il tema oggetto del convegno stesso: «L’Accademia della Lingua Siciliana, che oggi conta più di 150 componenti, sorge nel febbraio del 2017 per un motivo preciso: abbiamo visto che la lingua siciliana ha iniziato a diffondersi in forma scritta e non solo orale anche grazie ai social media. Per evitare, dunque, la deriva incolta della lingua siciliana scritta abbiamo deciso di creare questo progetto. Abbiamo previsto a tale scopo – conclude Genchi – anche la creazione di un browser web totalmente in siciliano».
Ad avviare ufficialmente il convegno con il primo intervento, è stato il professore Giuseppe Gerbino il quale, spiegando il perché sia giusto poetare in lingua siciliana, osserva: «Al momento possiamo parlare di dialetto, poiché la lingua siciliana non è stata ancora riconosciuta tale: ma perché parlare e poetare in dialetto? Ve lo potrei riassumere in quattro parole: perché penso in siciliano. È fondamentale – spiega Gerbino – pensare in quel determinato dialetto per poterlo parlare e, cosa più importante, non bisogna pensare al dialetto come qualcosa di “brutto” o “sbagliato” perché in esso sono contenute la nostra evoluzione linguistica e la nostra storia. La nostra lingua – conclude il professore – ha 25 secoli di storia e dobbiamo tenerla viva dicendo a noi stessi “Io sugnu sicilianu”».
Il secondo intervento è stato riservato al professor Alfonso Campisi, fondatore, nel 2017, della cattedra di Lingua Siciliana all’Università “La Manouba” di Tunisi, seconda al mondo dopo quella già esistente negli Stati Uniti, a Philadelphia: «Dopo due anni di solleciti per l’apertura di questa cattedra, siamo riusciti ad ottenerla».
«È, in realtà la prima cattedra al mondo in quanto, quella statunitense non ha un percorso programmatico di studi definito, ma funziona per corrispondenza. Scopo di questo lavoro – spiega Campisi – è creare un ponte tra le due rive del Mediterraneo e promuovere la cultura e la lingua siciliane. Ho voluto dare voce a quello che definisco “il popolo muto”, cioè parlare di tutti quei fenomeni migratori del popolo siciliano, da e verso la Tunisia, che non si conoscono o sono stati dimenticati. Aspetto fondamentale e, a mio avviso fin troppo occultato – conclude Campisi – è stato il “rientro” dei siciliani dalla Tunisia che vide questi ultimi, abbandonati a sé stessi, lasciati soli dal proprio Paese».
Ultimo intervento, a conclusione del convegno, è stato quello del professore Massimo Costa, che ha relazionato l’uso politico, scientifico e amministrativo del siciliano nel Regno di Sicilia: «Cosa impedisce al siciliano di essere considerato, a pieno titolo, una lingua? Una lingua diventa tale – spiega Costa – quando viene utilizzata sottoforma di prosa (cioè una forma testuale scritta senza l’utilizzo di canoni metrici) che, per la sua relativa bassezza rispetto al siciliano lirico e poetico, le permette di poter essere definita lingua. Il siciliano – continua il professore – ha una lunga tradizione prosaica che inizia nel 1300, per qualche ragione si interrompe intorno al 1530, quando viene sostituito dal toscano, per poi essere ripreso e rivalutato intorno al 1700 e morire definitivamente nel 1810. Oggi, lo sviluppo della prosa siciliana – conclude Costa – dipende dall’abitudine di utilizzarla il più possibile nella vita quotidiana, e in questo, i social media, possono contribuire in maniera rilevante».