venerdì, 19 Aprile 2024
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Allora sta capanna, dopo il rientro, che fine ha fatto?

Rietrare al lavoro non è poi così male

Alla fine dello scorso articolo cari lettori, ci eravamo lasciati che dovevo rientrare in ufficio. Molti di voi mi hanno chiesto “e allora come è andato il rientro?”

Voglio partire al contrario, e cioè dal ritorno a casa. Dopo avere salutato i miei adorabili canuzzi, e la mogliera, tolte le scarpe all’ingresso della mia abitazione ed indossate le pantofole, mi sono recato in bagno per lavarmi le mani, tolti i pantaloni e la camicia nonché i calzini, ne ho indossati altri puliti, la prudenza non è mai troppa, sono andato finalmente a pranzare.  

Subito dopo, prima di recarmi in camera da letto per il consueto riposino pomeridiano, ho una certa età e la siesta è d’obbligo, ho voluto dare una sbirciatina alla mia cara capanna, sgomento!

Cosa era successo? Mia moglie approfittando della mia assenza, aveva rassettato tutto e quindi aveva smontato in buona parte il mio rifugio lavoratesco, la mia capanna. Balbettando l’ho chiamata chiedendo spiegazioni sul suo operato, per tutta risposta lei “ho messo un po’ d’ordine qua dentro non si capiva più nulla”. Non ho saputo risponderle subito, dopo qualche minuto non appena mi sono ripreso, le ho detto “guarda che il lavoro da casa non è mica finito, fra due giorni sono nuovamente a lavorare da quà”. Lei “ e con questo? Questa volta ti organizzi meglio in maniera tale da non crearmi tutto questo assembramento”, girò i tacchi e andò via lasciandomi di stucco. Non lo nascondo, qualche lacrimuccia è scesa sulle mie gote.

Lo shock è stato devastante, mi sono accasciato sulla sedia che utilizzavo per lavorare da casa, e sono rimasto a contemplare il vuoto per alcuni interminabili minuti. Dove erano finiti computer, stampante ed ammennicoli vari?

Onde evitare ulteriori discussioni con la mia consorte, ho rimandato gli approfondimenti alla serata.

Portiamo adesso l’orologio indietro. Tutto bello scafandrato, mascherina, guanti e tanta fifa, al solito orario 7:10,  arrivo in ufficio. Questa volta posteggiare è stato facile. Ho salutato da lontano i pochi colleghi presenti alla timbratura e mentre mi accingevo a marcare pure io il cartellino personale (badge), constatavo che non mi ricordavo più il codice di accesso. Meno male che nei miei appunti, conservati gelosamente nel portafoglio, c’è segnato. Salgo in stanza, apro la porta ed accendo la luce, il mio posto di lavoro è ancora lì. Debbo ammettere che ho provato una certa emozione ad entrare in stanza, da lì a poco è entrata anche la mia collega con cui dividiamo sia la stanza che il lavoro. Sempre da lontano, saluti affettuosi e sorrisi a trentadue denti, anche se dietro le mascherine non si poteva vedere ma era intuibile. Rivedersi dopo quasi tre mesi è stato bellissimo ed emozionante nello stesso tempo.

La giornata è passata tranquilla, al computer che abbiamo in comune ci siamo alternati un po’ io e un po’ la collega. Poi che dire di altro, l’emozione di tornare a sfogliare i giornali in forma cartacea, che sensazione meravigliosa toccare ancora una volta la carta e sentire l’odore tipico dei quotidiani, non ve lo posso descrivere, solo chi condivide questa esperienza lo può capire. Sono i piccoli piaceri della vita lavorativa, loro sì che mi sono mancati.

E come dice, un noto cantante in una sua nota canzone “tutto il resto è noia”.

In conclusione, il rientro non è stato traumatico anzi, diciamo che mi è piaciuto, anche perché mi ha permesso sia di uscire da casa e quindi abbandonare temporaneamente la capanna sia finalmente di camminare. Personalmente sono, ovvero ero un grande camminatore, e tornare a sgambettare è stato fantastico anche perché spero finalmente di smaltire quei chiletti di troppo che ho messo su.

Alla prossima.

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