giovedì, 18 Aprile 2024
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Il santuario di Santa Rosalia sul Monte Pellegrino

Meta annuale di migliaia di devoti, turisti e curiosi, è uno dei luoghi più singolarmente suggestivi tra i luoghi di culto palermitani

Sul Monte Pellegrino, in una grotta, il 15 luglio 1624 vengono trovate le ossa ritenute di santa Rosalia, e immediatamente si trasforma in un luogo di culto. Non ci vuole molto, infatti, che si mettano insieme alcune visioni di cittadini palermitani legate alla Santa e alcune guarigioni miracolose dovute a quelle ossa e persino alle pietre che si trovavano nell’area del ritrovamento per fare sì che Rosalia, vissuta nel dodicesimo secolo, diventi la santa di tutti i santi patroni di Palermo, instancabilmente da quasi quattrocento anni. Liberatrice dalla peste, ragazza devota alla sua fede, incoronata regina di una città bisognosa di premure, come quelle  che le vennero attribuite in quel buio periodo in cui morì circa un quarto della popolazione.

Senza nemmeno aspettare il riconoscimento delle reliquie, il luogo diventa meta di pellegrinaggio, e lo è ancora oggi, soprattutto nella notte tra il 3 e il 4 settembre, giorno a lei dedicato. L’ingresso alla grotta viene sistemato costruendovi una facciata di chiesa, a metà Seicento, mentre si lascia quasi inalterato tutto il resto. E come non si può restare sorpresi quando, superando la scalinata e un comune portone di chiesa, ci si ritrova in uno spazio a cielo aperto, che ha roccia per pareti? Mille volte si può entrare, e altrettante rimanere stupiti. Quest’area è stata arricchita nel tempo da lapidi, tra le quali una riporta la frase incisa nella grotta di S. Stefano di Quisquina, nell’agrigentino, altro luogo in cui ha vissuto la Santa, e una iscrizione che ricorda la visita di Goethe nel 1787. Acqua di sorgente scorre da una fontanella, cui ognuno attinge per dissetarsi di sete e di fede, e centinaia di ex-voto affiancano una riproduzione della Santa, per promessa o grazia ricevuta. Così tanti che, nel tempo, si è dovuto provvedere a spostarne una parte, che costituisce già di per sé un museo. Bavaglini, foto, classiche forme d’argento raffiguranti parti del corpo e perfino abiti da sposa.

Andando verso il fondo della grotta si trova uno spazio più simile a una chiesa, con le panche e l’altare. Ma, a sinistra, compare un’urna coperta da un baldacchino, all’interno della quale si trova la statua della santa realizzata nel 1625 da Gregorio Tedeschi. Originariamente  era coperta da argento, poi rivestita d’oro da Carlo III di Borbone nel 1748. Ci si ritrova a guardare la Santa, l’angelo che le porge il giglio, il teschio, i fiori, girandoci intorno nel silenzio della chiesa. Solo una voce, che invita alla preghiera, smorza ogni tanto l’aura di sacralità che pervade questo posto.

Che si sia credenti o meno, questo luogo riesce a “stregare” ogni visitatore. Ad ogni visita si rimane colpiti, dall’aria che si respira, da un devoto in preghiera, dalla roccia nuda, quasi come se l’umidità della pietra facesse sgorgare pure in noi qualche strana lacrima. Chissà perché, all’improvviso non si ha più voglia di parlare e si resta ad ascoltare il silenzio della montagna.

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