giovedì, 25 Aprile 2024
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Hunger Games – La ragazza di fuoco

Recensione: Hunger Games – La ragazza di fuoco

Ritrovati i loro cari e il loro distretto, Katniss e Peeta si preparano al tour e alla gloria che li attende a ogni stazione. Partita suo malgrado e sotto la minaccia del Presidente Snow, che la scopre innamorata di Gale, Katniss si accorge molto presto di aver acceso la speranza nel cuore della gente di Panem. Accolta come un’eroina piuttosto che una star, Katniss morde il freno ma il ricatto di Snow la costringe a giocare il suo ruolo e a distrarre il popolo dai problemi reali. Temeraria e sfrontata, Katniss cresce tuttavia in fascino e ascendente. Allarmato dal suo credito, Snow decide di diffamarlo, a ogni costo, con ogni mezzo. L’incarico viene affidato a Plutarch Heavensbee, stratega volontario che ha sostituito il ‘dimissionario’ Seneca Crane. L’idea è quella di indire un’edizione straordinaria dei giochi in cui concorreranno i vincitori delle edizioni precedenti. Katniss e Peeta, di nuovo uniti e di nuovo in gara, emergono su un’isola tropicale, circondata da un campo di forza e piena di insidie. Stabilite rapidamente alleanze e ostilità, i due ragazzi cercano di sopravvivere. Ma questa volta Katniss e Peeta non sono soli. La ghiandaia imitatrice ha spalancato le ali. La trilogia di Suzanne Collins, che biasima la società dello spettacolo e sottrae ogni alibi e pretesa innocenza alla nostra identità di spettatori, è giunta sullo schermo al suo secondo atto, riprendendo il respiro là dove l’aveva trattenuto. Un anno e un’edizione dopo gli hunger games tornano nell’arena per smascherare il vuoto che ci resta al di là del pieno della televisione.

Al centro brilla la loro stella più luminosa, archetipo eroico, quello della guerriera, ridotto a meccanismo ludico. Ritrovati Jennifer Lawrence e Josh Hutcherson, Francis Lawrence succede a Gary Ross, ribadendo con lo spettacolo la dimensione morale. Meno risolto e coerente del primo, Hunger Games: La ragazza di fuoco è nondimeno un efficace episodio di passaggio che si fa carico delle premesse del primo, sottintendendo la rivoluzione e preparando l’epilogo. Intrepida e rutilante, Jennifer Lawrence incarna ancora una volta il sacrificio e ancora una volta lo rimanda, permettendo a chi la osserva, al di qua e al di là dello schermo, di ragionare sullo spettacolo come linguaggio in grado di mettere in circolo il potere. Katniss, attrice condannata a essere solo un oggetto scopico passivo, rivendica adesso il diritto a ritornare soggetto dentro una sequenza di grande bellezza, in cui sfonda il confine del mondo (artificioso) e rivolge il proprio sguardo sulla rappresentazione che contribuisce a realizzare. Sorteggiata per innescare la paura e il consumo, l’eroina di Suzanne Collins ispira la rivoluzione e come il guerriero di De André tira una freccia al cielo per farlo respirare. Di là poi c’è il buio che chiude sui suoi occhi spalancati e promette un posto in cui (ri)nascono le immagini. Perché quello che può spezzare la catena è la capacità (e la volontà) di riconquistare la propria immagine. Per sé e per il popolo di Panem, che ha declinato lo speculare circenses, dove i suoi figli vengono mietuti e ‘tributati’ senza onore al pubblico di Capitol City. Blockbuster ‘di cuore’, pieno di trucchi e di sorprese, feste pirotecniche e meraviglie barocche, Hunger Games: La ragazza di fuoco è una fantasmagoria costruita sulla produzione di morte ‘vera’. Morte che ci attrae nella sua barbarie, che ci inchioda proprio come accade con il film di Francis Lawrence. Cinema della cattività, che aspira a realizzare una parabola fantascientifica sullo spettatore e sul bisogno di fruire sempre e solo di un’eccitazione continua. Il bello e il vero sono appannaggio di Katniss, che ha frecce al proprio arco per ridiventare soggetto di visione.

Marzia Gandolfi

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